di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)
(Si pubblica di seguito la prima parte (la seconda verrà pubblicata come prossima pubblicazione del presente sito, "CriticaMente") del saggio di Federico Sollazzo, Pasolini in Ungheria. Una rassegna, apparso sul n. 8, del 2014, della rivista "Studi pasoliniani".
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Federico Sollazzo
Il presente articolo presenta un quadro della ricezione di Pasolini in Ungheria; benché vengano considerati lavori a partire dagli anni Sessanta, l’articolo è focalizzato sulla ricezione a partire dagli anni Duemila. Si cercherà di evidenziare sia quelli che appaiono come meriti che quelli che appaiono come punti critici di tale ricezione, e di offrire una prospettiva sia dei lavori accademici che della penetrazione di Pasolini presso un pubblico più ampio.
This article presents an overview of the reception of Pasolini in Hungary; although are considered works since the Sixties, the article is focused on the reception since the early millennium. It will try to underline both those appear as positive elements and those emerge as problematic points of the reception, and to provide a framework both of academic works and of the reception of Pasolini by a broader audience.
La ricezione di Pasolini in Ungheria presenta delle caratteristiche peculiari che la rendono alquanto problematica ma, proprio in virtù di questo, con ampi margini di intervento e perfettibilità, supportati da un crescente interesse, anche e forse soprattutto extra accademico, che andrebbe pertanto indirizzato con il dovuto rigore filologico e concettuale.
Il primo elemento da considerare, databile agli anni Sessanta e Settanta, consiste in un inizio difficile e centellinato della penetrazione, limitata a poche traduzioni sparse su alcune antologie e riviste. Situazione, questa, certamente fortemente influenzata dalla censura, più o meno esplicita, operata verso di lui dal regime di allora. Ciò fece di lui una sorta di autore semi-clandestino, noto perlopiù ad una ristretta cerchia di “adepti”.
Successivamente, soprattutto a partire dagli anni Novanta, la produzione di Pasolini ha iniziato a trovare più margini di ricezione, una certa ricezione, caratterizzata da almeno tre fattori determinanti. In primo luogo, il Nostro è stato presentato al pubblico ungherese prevalentemente, se non quasi esclusivamente, come regista e teorico del film (che si prodigava anche in prose e poesie, benché la sua attività fondamentale fosse quella cinematografica); nelle riviste in cui ci si occupava di lui, quali «Filmkultúra», «Filmvilág», «Nagyvilág», «Színház», era infatti trattato sempre come cineasta. Inoltre, se il vecchio regime ne aveva ostacolato la divulgazione, al crollo di quello, nell’euforia sempre poco lucida tipica di tutti i grandi cambiamenti sociali, le sue idee politiche gli valsero l’etichetta di “sporco comunista”. Infine, soprattutto nell’ultimo quindicennio circa, la diffusione commerciale delle sue opere, sempre ruotante prevalentemente attorno alla produzione filmica, su un circuito relativamente ampio (recentemente diversi suoi film sono stati riproposti anche in versione DVD), senza però una preliminare conoscenza organica della complessità del suo pensiero e del resto della sua produzione (romanzi, poesie, drammi teatrali, saggi, articoli pubblicistici, ecc.), ha determinato una conoscenza più che dimidiata e quindi distorta di Pasolini, imperdonabilmente semplificata, epurata dai suoi elementi di maggiore complessità concettuale ed esaltante gli elementi “perturbanti”, ai fini della commercializzazione della sua produzione; insomma, il critico dell’omologazione capitalistico-consumistica è stato fagocitato da tale dinamica, in un Paese bramoso di entrare anch’esso (una sorta di “mamma Roma”?) nell’omologato e omologante mondo occidentale.
Tuttavia, a fronte di queste problematiche, stante una conoscenza relativamente di nicchia di Pasolini, esistono ancora i margini, prima che un processo di iconizzazione pubblica ne precluda una comprensione critica, per quell’operazione, di cui dicevo in apertura, di rigoroso indirizzamento filologico e concettuale degli studi pasoliniani.