sabato 28 gennaio 2012

Attualità del pensiero pirandelliano tra alienazione, umorismo e psicodramma

di Francesco Barresi (ruutura@hotmail.it)

Interrogarsi oggi sull’attualità del pensiero pirandelliano tra alienazione e umorismo ci permette di considerare e interpretare la condizione contemporanea dell’uomo e in particolare di mettere a fuoco la sua precarietà in un mondo privo di valori universali, in una società contemporanea entrata in profonda crisi di legittimazione.
Ancora oggi il pensiero di Pirandello ci parla con un’efficace aderenza e mai come ora l’attualità del suo pensiero si pone come un valido strumento per capire i mali del nostro secolo.
Scrive G. Sanguinetti Katz:

Il vedersi vivere, il ritrovarsi improvvisamente di fronte ai lati imprevisti della propria personalità […], la divisione tra ragione e sentimento, logica e cuore, con la ragione che critica e inaridisce ogni moto dell’animo, il vedere noi stessi e la vita «in una nudità arida, inquietante», in una realtà diversa «da quella che normalmente percepiamo», […] tutte queste definizioni che Pirandello dà dell’umorismo […] anticipano la crisi dell’uomo moderno con le sue nevrosi e le sue psicosi, e il baratro che gli si apre davanti quando si rende conto del suo vuoto interiore[1]

domenica 22 gennaio 2012

Un mondo innocente

di Patrizio Paolinelli (patrizio.paolinelli@gmail.com)

Riproposta da Avagliano Peccatrice moderna, di Carolina Invernizio.

Trame esili. Personaggi tagliati con l’accetta. Passioni travolgenti. Il bene da una parte e il male dall’altra. Di cosa stiamo parlando? Del romanzo d’appendice. Per la precisione del ritorno sulla scena di Carolina Invernizio (1851–1916) di cui l’editore Avagliano ha appena pubblicato Peccatrice moderna (tascabile di 343 pagg., 14,50 euro).
Forse il nome della Invernizio dice poco al pubblico odierno. Ma tra fine ‘800 e primi del ‘900 questa donna è stata un’incredibile macchina da best-seller: 123 libri in quarant’anni di carriera e milioni di copie vendute in Italia e all’estero. Certo, si tratta di romanzi rosa, scrittura “di servizio”, letteratura minore. Anzi, per i critici del suo tempo non si poteva neppure parlare di letteratura. Mentre negli anni ’70 del secolo scorso avevamo assistito a una prima rivalutazione della scrittrice sull’onda dell’interesse della critica per la cultura di massa. La sua narrativa si ispira infatti alle storie d’amore, al gotico, al giallo, tanto che cinema e televisione adattano diversi suoi lavori. Poi di nuovo l’oblio. Ma agli inizi di questo nostro XXI secolo ecco Invernizio riemergere. Probabilmente non avrà l’immenso successo popolare di cui ha goduto quando era in vita. Ma è significativo che venga oggi riproposta una scrittrice che appartiene a un altro mondo. Il mondo dell’Italia umbertina che la espelle dal collegio per aver pubblicato sul giornale scolastico un racconto di “perdizione”. Bramosia, pene d’amore e strazianti drammi interiori sono tra gli ingredienti essenziali dei suoi lavori. Ingredienti che troviamo enfatizzati nella trama di Peccatrice moderna.

lunedì 16 gennaio 2012

La fortuna critica di Pirandello in Italia: dalla stroncatura crociana alla critica neoermeneutica

di Francesco Barresi (ruutura@hotmail.it)

Sulla critica pirandelliana pesò a lungo il giudizio negativo di Benedetto Croce che della produzione dello scrittore siciliano salvava solo Liolà e La mosca. L’attenzione del critico si rivolse soprattutto alla «seconda maniera» dello scrittore, quella inaugurata da Il fu Mattia Pascal e consistente «in taluni spunti artistici, soffocati o sfigurati da un convulso, inconcludente filosofare. Né arte schietta, dunque, né filosofia: impedita da un vizio d’origine a svolgere secondo l’una o l’altra delle due»[1]. Prima della guerra solo Giacomo Debenedetti sembra accorgersi della grandezza di Luigi Pirandello, mentre all’estero riceveva il plauso del filosofo tedesco Walter Benjamin[2].
La vera fortuna di Pirandello, in Italia, comincia tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta. Si tratta di un evento non casuale perché l’Italia in quel periodo diventa una nazione moderna, industrialmente avanzata, dotata di una cultura non più provinciale ma aperta all’influenza delle avanguardie internazionali e nazionali. L’interesse verso Pirandello riguarda sia il campo della produzione narrativa e teatrale sia quello concettuale.

sabato 7 gennaio 2012

Sul soma

di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)

In riferimento all’intervista alla prof.ssa Kajon apparsa sul n. 16 de «L’accento di Socrate» (L'antropologia filosofica: intervista a Irene Kajon), vorrei proporre le seguenti osservazioni. 
Dal mondo antico sino ad oggi (più di 2300 anni) il pensiero occidentale è attraversato dal tema del dualismo, tematizzato di volta in volta con diverse sfumature: soma-psyché, corpo-anima (o spirito), res extensa-res cogitans, biologia-Io (o coscienza, o intelletto), ecc… Dal Novecento poi (forse anche da prima) si è inziata a tentare una riconciliazione di tale dualismo in un’immagine unitaria dell’uomo, sostanzialmente approdata a quello che Michel Foucault ha chiamato “allotropo empirico-trascendentale”. In questi termini però il problema del dualismo appare tutt’altro che superato: si è semplicemente passati da quello che potremmo chiamare “dualismo forte”, che identifica due sfere dell’umano nettamente distinte e gerarchizzate fra di loro, ad una sorta di “dualismo debole”, che ipotizza possibili (ri)conciliazioni fra dimensioni dell’umano che, per quanto interagenti e fuse tra di loro, restano pur sempre di natura diversa; il dualismo appare così completamente superato solamente nella prospettiva del moderno riduzionismo scientifico, per il quale l’uomo è del tutto spiegabile e da spiegarsi unicamente in termini materialistico-meccanicistici. Ora, a mio modesto parere, per superare la problematica del dualismo, senza per questo cadere nel campo del riduzionismo scientifico, sarebbe opportuno tornare a riflettere sulla concezione antica, pre-platonica, per capirci, omerica, di uomo come “soma con soffio vitale” (bios che partecipa della zoé, corpo che partecipa della vita), laddove per soffio vitale non sia affatto da intendersi il contenuto di un soma ridotto a mero contenitore, ma un attributo del soma (come, ad esempio, i capelli) che proprio attributi unici ed irripetibili rendono riconoscibile conferendogli un’identità unica ed irripetibile, e tra gli attributi del soma, uno fra i più importanti è l’emozionalità, ovvero il patire con- (gli altri e il mondo). Viene così ad essere superata qualsiasi forma di dualismo (sia forte che debole), poiché il soma non è contenitore di qualcosa di altro, espressione di qualcosa di meta-somatico, ma manifestazione diretta e immediata di vita, senza per questo cadere nel riduzionismo scientifico, poiché al soma appartiene anche l’irriducibile attributo della emozionalità; a mio avviso, una simile “riscoperta” del soma, in direzione del mondo antico, potrebbe essere condotta a partire dall’antropologia empirica, o forse sarebbe meglio dire empirico-fenomenologica, di Arnold Gehlen.