di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)
Nel seguente video in ricordo di Emanuele Severino, Umberto Galimberti dice diverse cose importanti.
Ne isolo alcune, che mi stanno particolarmente a cuore.
(Min. 0.30-1.30 ca.)
Galimberti pone la differenza tra professori di filosofia e maestri, i primi insegnano la filosofia, i secondi insegnano a pensare.
Kant diceva ai propri studenti: io non vi insegno la filosofia, io vi insegno a filosofare.
Quanti accademici di oggi possono con onestà permettersi di pronunciare questa affermazione? Pressoché nessuno. Da quelli che nemmeno si pongono questo problema a quelli che pur ponendoselo restano schiacciati in un sistema parametrato per ospitare al suo interno solo ed esclusivamente professori di filosofia che insegnano la filosofia e non maestri che insegnino a filosofare. E per quelli che cercano un impossibile compromesso: l'essere professori non è in alcun modo propedeutico al diventare maestri anzi, la prima cosa soffoca la seconda.
Questo è il motivo principale (approfondendo il quale si aprono poi altre prospettive del pensare, altrimenti inaccessibili) del mio allontanamento dall'accademia di oggi e della mia creazione di un luogo (fisico e di pensiero) dedicato non allo studio della filosofia ma al filosofare: il centro culturale indipendente "Krinò" Workshop of Thinking.
(Min. 1.40-2 ca.)
Galimberti dice che fare un'obiezione ad un sistema di pensiero in sé compiuto, come quello di Severino, è come guardare un quadro di van Gogh e obiettare che quel girasole lì non ha lo stesso colore degli altri: è insensato.
L'estate scorsa ho registrato un breve video – Esattezza e senso – nel quale ho evidenziato come il fare obiezioni esatte a chi, come gli artisti ed i pensatori (i maestri, appunto), si esprime non al livello dell'esattezza (orthotes) ma del senso (aletheia), significa essere intellettualmente iposviluppati. E tutti gli accademici odierni, essendo professori, appunto, riducono il senso espresso da un maestro ad una critica sull'esattezza di quanto affermato.
(Min. 4.50-5.05 ca.)
Dai punti 1 e 2 consegue che, prosegue Galimberti, oggi ci si può laureare in filosofia ma, aggiungo io, anche avere una carriera accademica in filosofia, senza aver mai filosofato o, peggio ancora, illudendosi ed illudendo di filosofare quando invece si fa tutt'altro, dalla critica cinematografica alla sociologia.
Ne consegue che, senza filosofia, resta solo un parlare, dice Galimberti, per slogan o, aggiungo io, per cliché predefiniti che accettiamo per moda, e la moda non è il vestirsi, la moda è l'accettazione di modelli di vita non definiti da chi li vive ma da altri/altro. Ovvero, un vivere non secondo riflessione ma secondo moda.
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