di Antonietta Gnerre (antoniettagnerre@gmail.com)
a te
C’era Dio nella goccia che accarezzava il tuo viso.
Una corona che si snodava dagli astri per me.
Quanti sogni Maria Luisa e quante poesie
abbiamo scritto pensando di volare sulla tua vespa bianca
uscivamo da ragazzine con Mildred, Margherita, Agata
con le stelle sopra i tetti delle nostre emozioni.
Oggi ti osservo seduta sulla panca
di casa e ti affido ancora i miei sogni
la corsa dell’acqua sulle foglie degli ulivi
una sola parola per queste labbra che ti pronunciano con un bacio.
La terra dei rami
a Rita D’Amore
sull’erba sui virgulti a piccole vele
e sulla tua pelle
scavata da un punteruolo
che modifica le foglie.
Irpinia, mia sventura e mia sopravvivenza
terra del mio sangue, verde e cosmica
infinita fino a schiacciarmi
lungo i fragili fiumi
quando il vento ricuce
sull’ultimo ramo/midollo del mio esistere
l’odore della malva.
Passano nel sereno le pallide pareti,
nell’infinita somiglianza del cristallo delle case;
E mi svegliano le tue statue di paglia balaustrate
nel colore, colore che racchiude il respiro
scosceso delle valli.
(A. Gnerre, Pigmenti, L'Arca Felice, Salerno 2010)
Questa opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons.
c'è molto respiro in questi versi.
RispondiEliminac'è aria e acqua in abbondanza per vivere.
sento una contemplazione molto marcata a scapito di un brivido sulla schiena.
massimiliano