di Alessandro Palladino (alessandropalladino@alice.it)
A partire dall’interpretazione che Camus svolge in L’uomo in rivolta[1], si tenterà di trarre una possibile valutazione sull’uso del linguaggio in Dostoevskij.
Pubblicato nel 1951, questo saggio di Camus tenta, tra gli altri, un confronto con la figura di Ivan Karamazov nel paragrafo intitolato: Il rifiuto della salvezza. Esaminiamo brevemente il percorso di Camus fino al punto che qui è di interesse.
Lo scrittore francese comincia riconoscendo che nella figura di Ivan viene fatto un passo avanti rispetto alla rivolta romantica: "Con Dostoevskij invece la descrizione della rivolta farà un passo avanti. Ivan Karamazov prende le parti degli uomini e pone l’accento sulla loro innocenza. Afferma che la condanna a morte che grava su loro è ingiusta. Nel suo primo movimento almeno, invece di difendere la causa del male, difende quella della giustizia mettendola al di sopra della divinità. Non nega dunque assolutamente l’esistenza di Dio. La confuta in nome di un valore morale. Era ambizione dei ribelli romantici parlare a Dio da pari a pari. [...] Con Ivan invece il tono muta. Dio è a sua volta giudicato, e dall’alto".[2]
Quindi Ivan ammette l’esistenza di Dio in via ipotetica per poterlo poi giudicare in nome della giustizia, posta da Ivan al di sopra della divinità. Dio viene allora condannato al nulla in nome della giustizia.