Storia delle camere, un bel libro di Michelle Perrot
E’ un andante con brio l’ultimo lavoro di Michelle Perrot. Stiamo parlando di Storia delle camere, Sellerio 2011, 414 pagg., 18 euro. Il plurale del titolo è d’obbligo e lo si comprende man mano che Perrot ci introduce in un affascinante viaggio nella modernità ricostruendo, tappa dopo tappa, la vicenda di uno spazio domestico così scontato da sfuggire alla riflessione. D’altra parte, ciò che nella vita di ogni giorno facciamo senza pensare e che consideriamo naturale nasconde in realtà contenuti storico-culturali profondissimi e difficili da dipanare. Basti pensare alla disinvoltura con cui guardiamo l’orologio. Sembra un gesto qualunque. In realtà é il risultato di un lungo processo evolutivo che comprende persino violente dinamiche di potere. Esattamente come per le camere da letto.
Insieme ad alcune branche della sociologia e dell’antropologia, la storia sociale si è presa in carico l’indagine della vita quotidiana e della vita privata fornendoci quest’ultima ricerca della Perrot. Un lavoro grazie al quale comprendiamo quanto un gesto tanto spontaneo come infilarci la sera a letto sia saturo di avvenimenti, interdetti, saperi, controlli, conflitti, suggestioni. Non potrebbe essere altrimenti perché, come afferma la stessa Perrot, le strade che conducono in camera sono davvero tante: nascita, riposo, sonno, amore, lettura, scrittura, ricerca di sé, meditazione, preghiera, reclusione, malattia, morte. E a ognuna di queste funzioni corrispondono comportamenti che mutano profondamente nel corso della storia.
Lo spazio dedicato alla notte che abitiamo oggi – e al quale non sapremmo rinunciare se non al prezzo di sentirci intimamente defraudati – si specializza pian piano. I romani non conoscevano la camera da letto e il luogo per l’amore o il riposo era un anonimo stanzino denominato cubiculum. La camera dei bambini è una conquista della modernità. Prima di allora non esisteva. I bambini si trovavano dappertutto e in nessun luogo. Ancora nel Settecento, nei progetti più ragionati dedicati all’edilizia abitativa, gli architetti ignorano l’infanzia. Mentre oggi un’abitazione senza la stanza dei bambini è impensabile. Così come è impensabile che il luogo privilegiato della donna, quello in cui si sente veramente a casa, sia la cucina.
Nella ricostruzione della Perrot é evidente l’influenza di Michel Foucault sulla storia degli spazi. Tuttavia, a differenza di Foucault, Perrot indulge nei ricordi personali e affronta il suo oggetto di studio con un metodo ben collaudato: la camera da letto è osservata nel divenire della modernità focalizzandone di volta in volta le metamorfosi. Perrot parte dalla camera-teatro di Re Sole per passare alle camere comuni delle realtà rurali e giungere a quelle personali che segnano il trionfo dell’urbanizzazione e della borghesia. E’ a questo punto che la camera da letto si differenzia sempre più: nasce la camera d’albergo, quella della servitù e quella degli operai. Ognuno di questi spazi ha la sua storia particolare che continua ancora oggi. Per soffermarci solo alle origini si pensi alla torbida epopea della taverna, luogo in cui per lungo tempo il cliente rischiava sia la borsa che la vita; si pensi al fenomeno delle donne sole che cercano lavoro come domestiche nelle città occupando mansarde, sgabuzzini e guardiole dalle pareti sottilissime e le porte sgangherate; si pensi alle camerate degli operai (che in diversi casi si trasformano in circoli politici), al successivo passaggio alla camera ammobiliata e alla miseria degli alloggi delle banlieue di ieri e di oggi.
Il libro della Perrot ci fa comprendere ancora una volta che i muri parlano (basta saperli interrogare) perché gli spazi confinati del privato sono gravidi di storia. Quella delle camere non si è certo esaurita come ben sanno turisti, viaggiatori, migranti. E proprio perché la storia non è finita, oggi il luogo principe della privacy lotta quotidianamente contro l’invadenza dei mass-media così come cent’anni fa si misurava con le intrusioni di moralisti, igienisti e psicologi.
(«VIAPO», 28/01/2012)
Questa opera di CriticaMente è concessa in licenza sotto la Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.
Lo spazio dedicato alla notte che abitiamo oggi – e al quale non sapremmo rinunciare se non al prezzo di sentirci intimamente defraudati – si specializza pian piano. I romani non conoscevano la camera da letto e il luogo per l’amore o il riposo era un anonimo stanzino denominato cubiculum. La camera dei bambini è una conquista della modernità. Prima di allora non esisteva. I bambini si trovavano dappertutto e in nessun luogo. Ancora nel Settecento, nei progetti più ragionati dedicati all’edilizia abitativa, gli architetti ignorano l’infanzia. Mentre oggi un’abitazione senza la stanza dei bambini è impensabile. Così come è impensabile che il luogo privilegiato della donna, quello in cui si sente veramente a casa, sia la cucina.
Nella ricostruzione della Perrot é evidente l’influenza di Michel Foucault sulla storia degli spazi. Tuttavia, a differenza di Foucault, Perrot indulge nei ricordi personali e affronta il suo oggetto di studio con un metodo ben collaudato: la camera da letto è osservata nel divenire della modernità focalizzandone di volta in volta le metamorfosi. Perrot parte dalla camera-teatro di Re Sole per passare alle camere comuni delle realtà rurali e giungere a quelle personali che segnano il trionfo dell’urbanizzazione e della borghesia. E’ a questo punto che la camera da letto si differenzia sempre più: nasce la camera d’albergo, quella della servitù e quella degli operai. Ognuno di questi spazi ha la sua storia particolare che continua ancora oggi. Per soffermarci solo alle origini si pensi alla torbida epopea della taverna, luogo in cui per lungo tempo il cliente rischiava sia la borsa che la vita; si pensi al fenomeno delle donne sole che cercano lavoro come domestiche nelle città occupando mansarde, sgabuzzini e guardiole dalle pareti sottilissime e le porte sgangherate; si pensi alle camerate degli operai (che in diversi casi si trasformano in circoli politici), al successivo passaggio alla camera ammobiliata e alla miseria degli alloggi delle banlieue di ieri e di oggi.
Il libro della Perrot ci fa comprendere ancora una volta che i muri parlano (basta saperli interrogare) perché gli spazi confinati del privato sono gravidi di storia. Quella delle camere non si è certo esaurita come ben sanno turisti, viaggiatori, migranti. E proprio perché la storia non è finita, oggi il luogo principe della privacy lotta quotidianamente contro l’invadenza dei mass-media così come cent’anni fa si misurava con le intrusioni di moralisti, igienisti e psicologi.
(«VIAPO», 28/01/2012)
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