di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)
Viviamo in un sistema che ci costringe ad impiegare le poche decine di anni che abbiamo a disposizione nella ricerca di denaro, di oggetti e di potere, simboli mitizzati, desiderati, invidiati, attribuendo alla loro carenza la causa della nostra insoddisfazione, infelicità. Siamo talmente ammaestrati da avere dimenticato cosa sia la felicità, e da non poterla addirittura neanche immaginare al di fuori dei paradigmi convenzionalmente deputati a ciò.
Nella mia piccolezza dichiaro guerra a questo sistema, pretendendo di essere felice e pretendendo di esserlo al di fuori dei “meccanismi di felicizzazione”.
Sono orgogliosamente in guerra, incamminato verso una meravigliosa dichiarata sconfitta che, per il solo fatto di avere dichiarato guerra, è vittoria.
Viviamo in un sistema che ci costringe ad impiegare le poche decine di anni che abbiamo a disposizione nella ricerca di denaro, di oggetti e di potere, simboli mitizzati, desiderati, invidiati, attribuendo alla loro carenza la causa della nostra insoddisfazione, infelicità. Siamo talmente ammaestrati da avere dimenticato cosa sia la felicità, e da non poterla addirittura neanche immaginare al di fuori dei paradigmi convenzionalmente deputati a ciò.
Nella mia piccolezza dichiaro guerra a questo sistema, pretendendo di essere felice e pretendendo di esserlo al di fuori dei “meccanismi di felicizzazione”.
Sono orgogliosamente in guerra, incamminato verso una meravigliosa dichiarata sconfitta che, per il solo fatto di avere dichiarato guerra, è vittoria.
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condivido ogni cosa...
RispondiEliminalasciami fare una citazione in proposito che dice meglio di quanto possa fare io.il libro parla della montagna, del suo valore ai tempi d'oggi. "...una società in cui il denaro è la misura dominante, nella quale gran parte delle persone agisce per lo più in modo utilitaristico e commerciale, è una società pornografica". "... La montagna è fatta di bellezza, di fatica, di solitudine e silenzio: valori poco alla moda, che aiutano a vivere. Il vero isolamento, quello che ci fa sentire soli, non è una condizione fisica, è uno stato morale. E' rimanere fra gente insulsa e compiere azioni insignificanti, è produrre cose inutili che moritficano la nostra vita e la svuotano di senso" da Terre Alte di Carlo Grande. lucy Verno
RispondiEliminaAvessero ...
RispondiEliminagli uomini ... (tutti) la tua straordinaria "pretesa", andrebbe il mondo incontro alla meraviglia dell’essere …
Grazia ;)
Mi fa piacere leggere le tue parole, Federico, condivido la tua pretesa di essere felice al di fuori dei soliti inefficaci paradigmi.
RispondiEliminaIo la felicità l' ho trovata nella consapevolezza di me e dei miei cari, le poche persone che influenzano realmente la mia vita.
E' per mantenere questa realtà che lavoro senza sprecare nemmeno una goccia di sudore per la ricerca di un simbolo di potere.
Ho smesso di essere in guerra con il sistema che conosciamo, considerandolo semplicemente come la strada che porta alla mia meta, è una strada contorta e piena di buche ed ostacoli e preferirei fosse liscia e diritta, ma tale è ed io ho imparato a percorrerla con il passo giusto perchè è essenziale giungere alla meta del viaggio e non sprecare tempo ad aggiustare la strada perdendo di vista il vero obiettivo della vita.
“(…) mentre la teoria psicoanalitica riconosce che in definitiva la malattia dell’individuo è causata e alimentata dalla malattia della civiltà in cui vive, la terapia psicoanalitica tende a curare l’individuo in modo che esso possa continuare a funzionare come una parte della civiltà malata senza capitolare completamente davanti a questa (…) la «personalità» non è che un individuo «infranto» che ha interiorizzato e utilizzato con successo la repressione e l’aggressione (…) (accettando) la loro (della felicità e della libertà) restrizione «ragionevole» fino al punto da renderle compatibili con la mancanza vigente di libertà e di felicità”
RispondiEliminaH. Marcuse, "Critica del revisionismo neofreudiano", in "Eros e civiltà", Einaudi, Torino 1967, pp. 255, 265 e 267, parentesi mie.
Ritengo che debba essere rifiutato sia l’estremo dell’accettazione passiva del sistema (che ci vuole "animal laborans"-consumatori, in un circuito nel quale il primo lavora per soddisfare le pretese del secondo), sia quello di una modificazione del sistema che avvenga per contestazione (entrambi atteggiamenti acritici).
Ci si deve inserire nel sistema, poiché solo dall’interno si può modificare la natura di un qualcosa, tuttavia questo inserimento deve svolgersi con la consapevolezza del senso di ciò che si sta facendo, così da essere portatore di una coscienza critica che impermeabilizza dai meccanismi di controllo coscienziale esercitati dal sistema stesso; in caso contrario non si ha altro che un’integrazione psicologica nel, un assorbimento dal sistema.
Federico Sollazzo