di Nadia Lisanti (nali.sole@libero.it)
Nella vita di un uomo, a volte, le ore diventano silenzi.
Era seduto sulla panchina della sua città, in attesa di un nuovo ciclo di fermate della linea 118, in direzione casa, e pensava alla donna incontrata quella mattina al bar.
- Lei crede di conoscermi?
- Non direi, è la prima volta che la incontro!
- Può capitare di riconoscersi, no?
- Non tutti i giorni, me lo lasci dire…
Due battute, e poi di quel volto diafano, comparso all’improvviso, dietro il gusto di un caffè ancora tutto da girare, così, senza soluzione di continuità, di quella donna senza età non rimaneva che un odore familiare. Non si erano sfiorati, non si erano toccati, e di lei sentiva tutto.
Come se in piccole e grandi parti di sé, quella donna avesse da sempre abitato, come se ogni parola spesa fino a quel giorno, non fosse stato che vano esercizio mentale, e che valesse la pena rimanere muti, per ascoltare soltanto il senso pieno di uno spazio vuoto. Quello in cui prima lei non c’era, quello in cui si sta soli, quello che ognuno di noi ha dentro per conoscersi attraverso i propri pensieri. In un’intimità così profonda e labile, una manciata di secondi e una virata, in senso diametralmente opposto, al tragitto verso casa, un uomo quel giorno viaggiava in se stesso. A volte, il senso di chi compie il nostro stesso cammino, è proprio questo: un là che ci accorda su ragioni del nostro sentire fino a quel momento presagite, eppure tralasciate.
Perché un uomo solo su una panchina, in un giorno qualunque della sua vita possa, insistentemente, pensare ad una donna dall’altra parte della città, o magari vicina, dietro le foglie e i rami delle sue osservazioni senza meta, a due centimetri dalle sue verità…? Perché una donna possa provare la sensazione di conoscere un uomo, a prima vista, in un giorno qualunque di un solito bar, e poi svanire dietro l’incertezza di non rivedersi più…?
Perché esistono stadi e gradi di conoscenza che hanno a che fare solo con l’acqua e si chiamano: immersioni.
Un uomo e una donna che non si conoscono oggi si pensano e questa straordinaria energia passa attraverso un mare di emozioni senza voce.
Dentro c’è uno spazio che il tempo non può scandire.
Fuori c’è un tempo che lo spazio non può contenere.
In tutto ciò che nutre l’anima,
in ogni anfratto della nostra coscienza,
c’è un desiderio di assenza.
Sulla panchina e in qualche punto della stessa città, in un giorno qualunque, due dimensioni parallele s’incontrano, nello spazio bianco delle ore.
Nessun commento:
Posta un commento