mercoledì 31 maggio 2023

Dare un senso alla vita può condurre a follia

di Leonardo Conti (conti.leonardo@hotmail.it)

Dare un senso alla vita può condurre a follia,
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio.
È una barca che anela al mare eppure lo teme.

Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River, trad. di Fernanda Pivano, Einaudi, 1943.

Il senso della vita… una domanda vecchia come il mondo.
Nasciamo, cresciamo, ci riproduciamo, moriamo. La natura ci dice questo, gli esseri viventi, in soldoni, fanno così. Siamo esseri viventi anche noi, dopotutto.
Siamo anche esseri pensanti, altresì, e come tali, dobbiamo dare un senso alla vita. Ne sentiamo il bisogno.
Ma dare un senso alla vita, come dice la poesia citata, porta alla follia. Proprio perché non ha un senso, alla fine. Nascere e morire in continuazione, ogni giorno è così. Ogni giorno un uomo muore e un altro nasce, moltiplicato per gli otto miliardi che siamo, risultano centinaia di migliaia, forse milioni, di nascite e morti ogni volta che il Sole si leva.
Se uno ha la fortuna, di non avere incidenti, di essere in salute, di nascere ed abitare in un Paese ricco e in pace, vive a lungo e bene. Altrimenti no. È un senso questo? Apparentemente no: nel caso, nella fortuna, che è notoriamente cieca, non c’è un senso.
Ma un senso dobbiamo darglielo, dobbiamo vivere. Ci dobbiamo buttare nell’avventura dell’esistenza.
Come in tutti gli animali, il rischio che qualcosa vada storto c’è, ma, dal momento che siamo sulla Terra, dobbiamo vivere.
Siamo navi, come dice la frase citata, navi pronte per prendere il largo. Nel mare aperto ci potrebbe essere una tempesta, potremmo finire le scorte alimentari, prendere uno scoglio, scontrarci con altre navi o con una balena bianca, come Moby Dick.
Ma dobbiamo allontanarci dal porto… avventurarci per il mare infido e profondo… altrimenti la vita non sarebbe tale.
Ed ecco il senso dell’esistenza. Vivere nel migliore dei modi possibili, provare ad ottenere il massimo risultato, cercando di non aver rimorsi o rimpianti…
Tutto questo è vivere.
Sperare in un buon vento, ma accettare il rischio della tempesta e mettere in conto un naufragio e di dover ricstruire il nostro vascello. Mettere in conto di non farcela.
Possiamo fare altro?
Potremmo ma, in realtà, non possiamo: come navi fatte per il mare, aneliamo le sfide che la vita ci pone e le temiamo al tempo stesso. Ma quale nave, fatta per affrontare il vasto oceano, non lo farebbe?
Il senso della vita è allora un qualcosa che ci attira, ma, al tempo stesso, ci sfugge, come un’isola che appare lontana all’orizzonte. Forse è un non-senso, perché questa terra su cui cerchiamo di approdare è sempre lontana; oppure, una volta approdati, non è bella come ci immaginavamo.
Ma, ripeto la domanda, possiamo fare altro?
Abbiamo, è vero, la possibilità di fermarci, per sempre, in un porto sicuro, ma non è vita, questa. Senza contare che una tempesta potrebbe rompere gli ormeggi che ci legano al molo: così, impreparati e disperati, ci troveremmo in alto mare lo stesso.
Tanto vale muoversi, e vedere come va.
Tanto vale vivere, e vedere dove la vita ci porta. Cercare un senso per la rotta che percorriamo, ma non preoccuparci troppo se arriviamo in un posto diverso da quello che ci aspettavamo.
Navigare… vivere… questo conta davvero.

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