di Leonardo Conti (conti.leonardo@hotmail.it)
I hurt myself today
To see if I still feel
I focus on the pain
The only thing that's real
Mi sono fatto del male oggi
Per vedere ho ancora sensazioni
Mi concentro sul dolore
L'unica cosa che è vera
Dalla canzone Hurt degli Nine Inch Miles (1995) da cui Johnny Cash ha tratto una cover nel 2002.
Cosa vogliono dire queste parole? Apparentemente parlano di autolesionismo, un qualcuno che si fa male un po’ per gioco. Più in là nel brano si parla di un ago, di un buco. Parlerà di droga, come molte altre canzoni.
Ma concentriamoci sui primi versi, la prima strofa.
Oggi mi sono fatto del male, perché farsi male? Per capire se ho ancora sensazioni, per risvegliare la coscienza odierna dal torpore e dall’indifferenza. La mia coscienza.
La società frenetica, egoista, ci rende estranei e insensibili gli uni con gli altri. L’unica cosa vera, l’unica cosa su cui concentrarsi è il dolore. Nient’altro. Soltanto un impero di sporcizia, senza amici, senza illusioni.
E allora dobbiamo risvegliarci, capire se ci sono sensazioni, se ne siamo capaci.
Il telegiornale trasmette immagini di morti sulla spiaggia, di missili sulle case, di violenze e disastri, e noi che facciamo? Guardiamo la tv sperando di non vedere più niente di tutto questo. Lo spettacolo continua e deve continuare, con lustrini e paillettes, quiz televisivi e risate sguaiate. Il tutto intervallato da immagini di case distrutte da missili, di bare o di persone disperate che, a costo di fuggire dalla miseria, caricano se stessi le mogli e i loro figli su navi che reggono a malapena il mare calmo. E nel mentre interviene qualche opinionista, politico o meno, che spara l’ennesima castroneria.
Divertimento e tristezza, risate e compassione. A ciclo continuo.
Noi siamo gli spettatori, osserviamo la scena dal nostro divano. Piangiamo o ridiamo, forse qualcuno piange e ride allo stesso tempo. A ciclo continuo.
Proviamo a sentire un nonnulla di quel dolore e ci sveglieremo. Un solo atomo di quella sensazione spiacevole, ci scuoterebbe.
Perché il dolore, pur nella sua negatività, ci fa sentire vivi. Ci fa sentire di aver costruito un mare di spazzatura, anche fisicamente, intorno a noi. Oppure pensare che potremmo stare peggio noi, e far stare un po’ meglio gli altri. Perché il nostro benessere, la nostra tv piena di lustrini e paillettes, la pagano loro. La paga chi prova dolore adesso. Tirare un missile su una casa non porta gioia, né la porta distruggere un ambiente, né la porta spingere le persone a una disperazione che non possiamo neanche immaginare. E non ci pensiamo, il dolore è loro, mica nostro. Noi vediamo tutto questo sulle comode poltrone, nelle nostre case comode.
Mentre penso questo, penso alla seconda vita della canzone Hurt, scritta nel 1995 dal gruppo Nine Inch Nails, nel 2002 fu oggetto di una cover da parte del grande cantante Johnny Cash. La prima versione, parlava sì di droga, ma era in qualche modo speranzosa, pensava che ci fosse una rinascita.
Cash invece ne ribaltò il senso: era un uomo malato, che vedeva sua moglie, malata pure lei, spegnersi di giorno in giorno. La disillusione prende il sopravvento, la fine vicina.
Il videoclip del brano è girato nella grande casa-museo del grande cantante. Un edificio ormai in rovina, polveroso, con un grosso cartello “Chiuso al pubblico” che campeggia all’ingresso. L’illusione di una vita eterna, di successo, si spegne di fronte agli arredi, i cimeli di una vita di successo, polverosi o rotti. Johnny canta davanti a una tavola imbandita ma parla di un oceano di spazzatura. Niente è più lo stesso. Lo sguardo della moglie inseparabile, tenero, su di lui.
Lei morirà tre mesi dopo. Lui dopo sette mesi. Il dolore sveglia, è l’unica cosa reale, ma non è un’occasione di ricrescita, di rinascita.
Nel 2007 un devastante incendio distrusse la casa di Johnny Cash.
Tutto ha dunque fine, perfino il dolore, macinato dal tempo che, pur lento e inesorabile, fa il suo corso.
Finirà, come finisce tutto. Ma il prezzo da pagare per porre termine al dolore è alto. Ci sono due soli modi: o diventare insensibili, spettatori indifferenti e viziati davanti alla tv; o lasciare questa terra.
P.S. ovviamente consiglio l’ascolto della canzone nelle due versioni:
CriticaMente di Federico Sollazzo è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Follow me on Academia.edu
Nessun commento:
Posta un commento