Se noi vogliamo comprendere un fenomeno, l’unica possibilità che abbiamo di comprenderlo
è penetrare questo fenomeno. Non si può comprendere dall’esterno.
Questo è uno degli errori, o degli orrori, della mentalità scientifica, il fatto che
l’osservatore, lo scienziato, è sempre esterno, è sempre impersonale, è sempre oggettivo.
No!, se si vuole comprendere un fenomeno si deve penetrare quel fenomeno,
ci si deve sporcare le mani con quel fenomeno, si deve rischiare di morire con quel fenomeno…
Federico Sollazzo
Vi sono, tra quelli raccolti in Scritti corsari, alcuni interventi tra i più importanti che si riferiscono alla “mutazione antropologica”, un fenomeno descritto da Pasolini e riguardante i cambiamenti profondi verificatisi con l'avvento della società dei consumi.
Un primo intervento è del 10 giugno 1974: Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia (sul “Corriere della Sera” col titolo Gli italiani non sono più quelli); un altro articolo, apparso sul “Corriere” con il titolo Il Potere senza volto (titolo originale Il vero fascismo e quindi il vero antifascismo è del 24 giugno 1974. Un terzo è dell'11 luglio dello stesso anno:Ampliamento del “bozzetto” sulla rivoluzione antropologica in Italia (intervista a cura di Guido Vergani apparsa su “Il Mondo”).
La “mutazione antropologica”, formulazione originale esclusivamente pasoliniana, è uno dei fenomeni più tragici trattati dall'autore: essa consiste, nel caso italiano, in una distruzione di ogni carattere individuale, sia superficiale, sia profondo, spirituale.
Pasolini sostiene che ultimamente i ceti medi hanno completamente, antropologicamente, cambiato i loro valori in quelli dell'edonè e del consumo, propri della borghesia. Il Potere del consumismo ha gettato via cinicamente vecchi valori, provocando, con la nuova “cultura di massa”, il cambiamento antropologico. Questa nuova cultura non è moralistica, ecclesiastica o patriottica, ma è determinata da leggi interne e da un'ideologia autosufficiente: segnate da essa, le persone non sono più distinguibili fisicamente e dal punto di vista delle abitudini, e anche un fascista e un antifascista paradossalmente si assomigliano. L'autore definisce la nuova “cultura di massa” “follia pragmatica”, “conformismo e nevrosi”. Pasolini sostiene inoltre che la cultura base degli italiani è cambiata, che la cultura di classe è stata sostituita da una cultura interclassista.
In un ulteriore intervento su “Paese Sera” dell’8 luglio 1974, Lettera aperta a Italo Calvino: Pasolini: quello che rimpiango (in Scritti corsari col titolo Limitatezza della storia e immensità del mondo contadino) Pasolini parla dell'impoverimento dello spazio umano determinato dalla “mutazione antropologica”. Si tratta soprattutto di un impoverimento dello spazio fisico nel quale l'uomo vive e dei comportamenti, della lingua, ridotta a mero strumento di comunicazione che riduce l'espressività, e dello spazio linguistico, che si riflette nella scomparsa dei dialetti. Pasolini replica a Calvino sostenendo che gli uomini sono sempre conformisti e più possibilmente uguali l'uno all'altro, ma secondo la loro classe sociale e sotto condizioni culturali regionali. Oggi sono tutti uguali, conformisti, senza distinzione di classe: un operaio è uguale fisicamente a uno studente, e un operaio del Nord a uno del Sud. Si tratta solo di uno degli effetti dei cambiamenti globali indotti dalla società avanzata consumistica di massa. Più in generale, la scoperta della “mutazione antropologica” è un passo significativo verso la constatazione dell'esistenza di un fenomeno che accomuna tutti i cambiamenti portati dalla società consumistica di massa, vale a dire l'impoverimento dello spazio umano, del mondo fisico e intellettuale.
Pasolini vede nei tempi passati ricchezza e varietà di comportamenti, di lingue e di culture, mentre il presente significa per lui impoverimento in tutti i sensi: spariscono alcuni gesti, spariscono alcuni dialetti, la gente abiura le proprie culture particolaristiche, seguendo le lusinghe del consumismo. Prima della “mutazione”, secondo Pasolini, l'uomo era più autonomo, creativo, si distingueva con il suo fisico, era fiero della propria cultura particolaristica, parlava il suo dialetto ricco di espressioni, il suo spazio spirituale nella vita era vasto e sembrava illimitato; l'Italia, nonostante la povertà materiale, prima conosceva diversi aspetti delle culture locali. Ora le culture particolaristiche si sono avvicinate alla cultura centralistica, ufficiale, che riduce la creatività linguistica, unisce culturalmente la gente e le toglie l'autonomia dello spazio spirituale.
Di questo e di molto altro parla Federico Sollazzo nel suo intervento video,
nel quale tra l'altro si avvale di un'analisi stringente e di alcune citazioni
originali pasoliniane a sostegno delle proprie tesi.
Un grande ringraziamento di "Pagine corsare" a Federico Sollazzo.
A. Molteni
(«Pagine corsare», 27/11/2012, con nota non titolata di A. Molteni, e «Appunti di Scienze Sociali ed Altro», 29/11/2012, e «Transfinito», 01/12/2012, e «Liberi.tv», 11/12/2012)
La formulazione secondo cui l'oggetto "educa" è molto efficace perché fa emergere la sua formatività anche se non la traduce immediatamente in manipolazione (cosa che tende invece a emergere in altri momenti come quando parli di "sottomissione" alla mail ecc.); insomma, dice che c'è una certa qual "attività" anche negli oggetti.
RispondiEliminaDirei però che c'è anche da considerare che quella "forma-oggetto" che agisce ecc. è a sua volta frutto di una "forma-soggetto" che la ha costituita, il che serve a ricordare che la relazione ha sempre carattere biunivoco e non può vivere di ipostatizzazioni. Per chi fosse interessato cfr. http://www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/7294/1/PEZZANO_E%26P_XIV_2012_1.pdf, dove tematizzo proprio il senso in cui il margine di manovra è proprio nella relazione con l'oggetto, prospettiva che per certi versi oggi problematizzerei, ma non voglio farla troppo lunga!
Complimenti e a presto
Giacomo
Caro Giacomo,
RispondiEliminaconcordo in pieno sul fatto che la relazione soggetto-oggetto sia a doppio senso di percorrenza, spero di essere riuscito a mettere in luce come anche per Pasolini sia così.
E proprio questa relazione oggi, attraverso un complesso percorso, è assolutamente disequilibrata, non solo e non tanto quantitativamente ma soprattutto qualitativamente: il soggetto può disporre dell'oggetto, entro certi limiti, ma l'oggetto educa il soggetto sul modo in cui disporre di esso.
Leggerò con attenzione il tuo scritto che segnali.
A presto,
Federico