(1) «[…] Io, il Giappone e l’Effetto che quel paese ha prodotto in me».
(2) Vercier B., “Préface”, in Loti P., Madame Chrysanthème, GF Flammarion, Paris, 1990, p. 7.«Il Giappone rende inoperanti le antiche ricette romanzesche e Crisantemo, lontana dal morire d’amore davanti “al mare calmo”, preferisce verificare il giusto valore delle piastre che ella ha guadagnato… Donna piatta, paese incomprensibile, totalmente Altro: il romanzesco, se di romanzesco ce n’è, sarà altro ugualmente, nascendo dai rapporti tra l’Io con il Giappone».
(3) Todorov T., Noi e gli altri. La riflessione francese sulla diversità umana, Einaudi, Paperbacks, Torino, 1991, p. 363.
(4) «[…] particolari bizzarri, di minuziose notazioni di colori, di forme, di odori, di rumori…», (S. C., p. 91).
(5) Cit. in Todorov T., Noi e gli altri. La riflessione francese sulla diversità umana, Einaudi, Paperbacks, Torino, 1991, p. 364.
(6) «Per narrare fedelmente quelle serate, occorrerebbe un linguaggio più manierato del nostro; […]», (S. C., p. 44).
(7) «[…] per evitare quelle parole esotiche di cui mi si è rimproverato l’uso […]», (S. C., p. 120).
(8) «In altri paesi della terra, in Oceania nell’isola deliziosa, a Istanbul nei vecchi quartieri morti, mi pareva che le parole non dicessero mai tutto quello che avrei voluto dire, mi dibattevo contro la mia impotenza a rendere in una lingua umana l’incanto penetrante delle cose. Qui, invece, le parole, per quanto esatte, sono troppo grandi, troppo vibranti; le parole abbelliscono. Faccio a me stesso l’effetto di recitare, per me solo, una qualche commedia assai meschina, assai banale, e quando cerco di prendere sul serio il mio matrimonio, vedo sorgere davanti a me, per deridermi, la faccia, del signor Kanguro, agente matrimoniale, al quale sono debitore della mia felicità», (S. C., p. 33).
(9) «[…] [le persone] tutti sono nudi, i bambini, i giovani, i vecchi, le vecchie… tutti seduti in una catinella, per fare il bagno », (S. C., p. 91).
(10) «La gente di questo paese non ha alcuna coscienza dell’ora, del valore del tempo», (S. C., p. 23).
(11) «Io invece, fui sempre viziato da soggiorni anche assai più piacevoli di questo, in ogni sorta di paesi, il cui ricordo mi turba ancora», (S. C., p. 123).
(12) «Dovremo presto rinunciare a questa vita facile e quasi divertente, lasciare il sobborgo giapponese dove il caso ci condusse ad accamparci, e la nostra casetta in mezzo ai fiori», (S. C., p. 123).
(13) «Ma è un’anima la quale più che mai mi pare di un’essenza diversa dalla mia. Sento i miei pensieri lontani dai loro quanto dalle concezioni mutevoli di un uccello o dalle fantasticherie di una scimmia; sento fra quelle creature e me l’abisso misterioso, spaventoso…», (S. C., p. 125).
(14) «[…] tutti i paesi della terra si assomigliano; perdono l’aspetto dato loro dagli uomini, dai popoli, dagli atomi brulicanti giù in basso», (S. C., p. 124).
(15) «Questo barbaro è un artista, un bambino che cerca di realizzare dei sogni infantili, che vuole sia il brivido dello sconosciuto sia, contemporaneamente, il brivido dell’ignoto e il calore di un rifugio».
(16) Ibidem.
(17) «Al Giappone, come agli uomini e alle donne che vi abitano, manca innegabilmente non so che cosa di essenziale», (S. C., p. 132).
(18) «Ed io penso, osservandoli, quanto siamo lontani, noi, da codesto popolo giapponese, quanto è diversa dalla loro la nostra razza!», (S. C., p. 107).
(19) «Nemmeno i più antichi libri ce ne daranno mai la spiegazione, se non in un modo superficiale e impotente – perché noi non siamo uguali alla gente di questa razza. Passiamo, senza capire bene, in mezzo alla loro allegria e alle loro risate, che sono a rovescio delle nostre…», (S. C., p. 77).
(20) «[…] c’è tutto un bagaglio pronto per essere trasportato […]», (S. C., p. 137).
(21) «Ma che bagaglio! Diciotto casse o involti, di budda, di chimere, di vasi, senza contare gli ultimi fiori di loto, che porto via insieme col resto, legati in un gran fascio roseo», (S. C., p. 133).
(22) «[…] alcuni giapponesi (ancora poco numerosi, per fortuna!) che tentano di portare la giacca […]», (S. C., p. 43).
(23) «Non dovevano somigliare ai giapponesi d’oggi, gli uomini che concepirono tutti questi templi antichi, che ne costruirono dovunque, che ne riempirono questo paese anche nei suoi cantucci deserti», (S. C., pp. 71-72).
(24) «Forse è perché sto per lasciare questo paese, perché non v’è più nulla che mi ci trattenga e perché l’animo mio è già un poco altrove, non so, ma mi pare di non averlo mai veduto tanto chiaramente come oggi. E più che mai, anzi, lo vedo piccolo, vecchio, ormai privo di sangue e di linfa; sento la sua antichità antidiluviana, la sua mummificazione avvenuta in tanti secoli e che presto finirà nel grottesco e nel buffo compassionevole, al contatto delle novità d’occidente», (S. C., p. 141).
(25) «Egli si attacca particolarmente al Giappone tradizionale e si lamenta sull’invasione di un modernismo industriale e guerriero che sfigura l’antico paese dei samurai».
(26) «In ciò che ha a che fare con l’orientamento, la pazienza, e l’esattezza, questi piccoli giapponesi non potevano che eccellere».
(27) «[…] ci si meraviglia soltanto che essi non abbiano inventato, dei millenni prima di noi, tutto ciò con cui si destreggiano oggi come dei virtuosi».
(28) «Verrà un tempo in cui la terra sarà molto noiosa, per i suoi abitanti, quando l’avremo resa tutta uguale da un capo all’altro, e non si potrà più nemmeno tentar di viaggiare per svagarsi un poco…», (S. C., p. 7).
· Loti P., Madame Chrysanthème, Flammarion, 1990.
· Said E. W., Orientalismo, Feltrinelli, UE, Saggi, Milano, 2001.
· Todorov T., Noi e gli altri. La riflessione francese sulla diversità umana, Einaudi, Paperbacks, Torino, 1991.
· Vercier B., “Préface”, in Loti P., Madame Chrysanthème, Flammarion, Paris, 1990.