martedì 7 luglio 2009

Invito al pensiero di Herbert Marcuse


di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)


Il modo in cui una società organizza la vita dei sui membri comporta una scelta iniziale tra alternative storiche che sono determinate dal livello preesistente della cultura materiale ed intellettuale (...) Quel che si verifica ora non è tanto il degenerare dell'alta cultura in cultura di massa, quanto la confutazione della prima da parte della realtà (...) Ai giorni nostri l'aspetto nuovo è l'appiattirsi dell'antagonismo tra cultura e realtà sociale, tramite la distruzione dei nuclei d'opposizione, di trascendenza, di estraneità contenuti nell'alta cultura, in virtù dei quali essa costituiva un'altra dimensione della realtà. Codesta liquidazione della cultura a due dimensioni non ha luogo mediante la negazione ed il rigetto dei "valori culturali", bensì mediante il loro inserimento in massa nell'ordine stabilito, mediante la loro esposizione e riproduzione su scala massiccia.
H. Marcuse, L'uomo a una dimensione


Il libero sviluppo della libido trasformata al di là delle istituzioni del principio di prestazione, differisce essenzialmente dalla liberazione della sessualità costretta entro il dominio di queste istituzioni. Quest'ultimo processo porta a un'esplosione della sessualità soffocata e rimossa; la libido continua a portare il marchio della rimozione e si mostra nelle forme orride e ben note nella storia della civiltà; nelle orgie sadiche e masochistiche di masse disperate, di "élite sociali", di bande fameliche di mercenari, di guardiani di prigioni e di campi di concentramento. Una siffatta liberazione della sessualità, offre un necessario sfogo periodico a un'insoddisfazione insostenibile; essa rafforza più che indebolire le radici della costrizione degli istinti; di conseguenza viene usata di quando in quando come sostegno di regimi oppressivi. Invece, il libero sviluppo della libido trasformata entro istituzioni trasformate, erotizzando zone, tempo e rapporti previamente considerati tabù, minimizzerebbe le manifestazioni della sessualità pura, integrandole in un ordine molto più ampio, che comprende anche l'ordine del lavoro.
H. Marcuse, Eros e civiltà


"Una promessa di felicità", è probabilmente questo l'aforisma che meglio esprime il pensiero di Herbert Marcuse (1898-1979). Un pensiero che nasce dall'arte (Il romanzo dell'artista è la sua tesi di laurea) e si conclude nell'arte (La dimensione estetica è l'ultima opera composta) muovendosi nella dimensione della filosofia (Hegel, Marx) ed integrandosi con elementi di psicoanalisi (Freud). Solo la "liberazione dell'Eros", l'espansione delle facoltà psico-fisiche umane, può mettere in moto un processo di cambiamento sociale di ampia portata, in tale processo l'arte gioca un ruolo centrale come prefigurazione del futuro e come sprigionamento di energie creative antiautoritarie e antitotalitarie in grado di inserirsi concretamente nella realtà, modellandola, in questo Marcuse si allontana dal pessimismo della cosiddetta Scuola di Francoforte, inserendo anche scienza e tecnica tra i fattori di emancipazione. Applicando la teoria dell'essere hegeliano alla concezione della storia (L'ontologia di Hegel e la fondazione di una teoria della storicità) appare una visione della storia come ciò che è prodotto di-volta-in-volta dall'uomo; ma ad ogni creazione positiva fa da contrappunto un pensiero negativo che rappresenta lo scarto che separa il dato di fatto, l'esistente, dalle esigenze della ragione. Da ciò muove la critica radicale di Marcuse al marxismo diventato ideologia positiva (Soviet Marxism), cioè strumento di un potere repressivo e totalitario. Ma se non strumentalizzato politicamente, rendendolo una sociologia priva di forza rivoluzionaria, il marxismo sottende all'appropriazione della verità storica materiale, senza la quale nessuna critica e nessuna proposta sarebbero possibili. La critica è, notoriamente, rivolta al capitalismo (figlio del liberalismo di destra) inteso come mercificazione delle persone viste solo come titolari di funzioni, e alla conseguente alienazione del risultato del suo lavoro dal lavoratore che rimane così in possesso delle sole funzioni animali; la proposta è quella della "società come opera d'arte", dell' "immaginazione al potere", del "libero gioco" delle facoltà umane cosicché il lavoro divenga un modo per realizzarsi. Sulla ricerca delle condizioni che rendono possibile la felicità si innesta la psicoanalisi, consentendo lo smascheramento e la critica dello sfruttamento e della repressione degli istinti (Eros e civiltà), ma non manca in Marcuse anche una critica radicale al freudismo che, nella sua "teoria" comprende che la felicità è incompatibile con la repressione degli istinti, ma nella sua "terapia" integra gli individui nella società esistente. Il pensiero di Marcuse diviene profondamente negativo nella critica della società industriale avanzata (L'uomo a una dimensione). In questa l'integrazione della classe operaia nel sistema fa declinare le prospettive rivoluzionarie, atrofizzando l'opposizione sul piano politico, culturale e ideale. Da qui nasce la "teoria critica della società", mirante al disvelamento della realtà. 
La speranza di liberazione dell'ultimo Marcuse è affidata agli outsiders, ai reietti, agli sfruttati, ai perseguitati, ai disoccupati, agli intellettuali, agli emarginati sociali, a tutti coloro che non sono stati assorbiti, non solo e non tanto materialmente, quanto moralmente, dal sistema. Solo in loro risiede ancora l'elemento rivoluzionario, di una rivoluzione non violenta, che investe la materialità solo come conseguenza di un mutamento coscienziale; tale potenziale di una simile rivoluzione può essere innescato da una controinformazione critica, tendente alla creazione di un mondo diverso che, in qualsiasi stadio della civilizzazione umana, resta percepibile solo nell'arte. 
"La proprietà di anticipazione è la vera essenza dell'arte. Ciò preclude l'accomodamento dell'arte ai bisogni e alla coscienza di una qualsiasi classe esistente" (frammento, 1974).

(«Filosofi per Caso: area di discussione metropolitana», 08/07/2009)

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3 commenti:

  1. La rivoluzione cui allude Marcuse è una rivoluzione "coscienziale" che, solo in conseguenza di ciò, produce, in un secondo momento, conseguenze materiali (economiche, istituzionali...). Da tale prospettiva, non ci troviamo dunque ad avere a che fare con una dicotomia "basso" - "alto", laddove le istanze prodotte dal primo polo vengono quasi sempre tradite dai rappresentati del secondo, bensì con una scissione tra la dimensione dell' "è" (propugnato come inevitabile dall'establishment) e quella del "dovrebbe/potrebbe essere" (albergata nell'autentica arte e nell'alta cultura), la cui ricomposizione non è delegabile ad alcun rappresentate, essendo possibile da operare solo in prima persona. Chi dovesse essere portatore di un simile modus vivendi, sarebbe parte della suddetta rivoluzione, per il solo fatto di vivere secondo tale forma mentis, costituendo così non solo un limite al propagarsi della mentalità unidimensionale, ma anche un nucleo di diffusione di una mentalità alternativa.
    Una delle maggiori diversità rispetto a Marx (oltre che nel diverso significato filosofico riposto nei termini di "rivoluzione" e "classe") risiede nel ritenere, da parte di Marcuse, che nella storia del genere umano non vi sia alcun telos intrinseco, e che conseguentemente sia impossibile prevederne lo sviluppo (conseguentemente, fuorviante la pretesa di usare un "metodo scientifico" per ottenere tale risultato): il cambiamento, se mai ci sarà, non avverrà, come sostenuto da Marx, a seguito di inevitabili automatismi storici, ma solo se e quando gli individui si muoveranno nella direzione della ridefinizione dei propri desideri e bisogni esistenziali; a tal fine risultano cruciali l'autentica arte e l'alta cultura: esse albergano desideri e bisogni esistenziali inesaudibili dallo e incompatibili con lo status quo, costituendo quindi, con la loro mera presenza (che infatti viene occultata, non negandole, ma "assorbendole"), un atto di accusa contro di quello.

    Federico Sollazzo

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  2. Ma è Marx che ha messo in evidenza come l'arte da un lato resta unico baluardo a-temporale della bellezza nel mondo e dall'altro anticipa in modi che non conosciamo il futuro del mondo. Noi non riusciamo a capire come questo avviene, ma la storia ci insegna questo.

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    1. In Marcuse c’è molto di Marx, di Hegel, di Heidegger, di Freud, rielaborato in modo originale.
      Una delle fondamentali differenze rispetto a Marx è l’interpretazione del divenire non in termini scientifici ma dialettici. Questo gli fa leggere fenomeni umani come l’arte e la tecnica, non come degli inevitabili automatismi storici – necessità – ma come il frutto di scelte – possibilità. Conseguentemente, diventa centrale la questione della coscienza individuale non solo e non tanto come presa di consapevolezza, ma come sede di scelte dialettiche.

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