di Mária Kováks (masa73@citromail.hu)
“Il castello del duca Barbablù ”, opera in un atto di Béla Bartók su libretto di Béla Balázs.
Nonostante il libretto si basi sulla fiaba di Charles Perrault e sul dramma di Maurice Maeterlinck, ispirati ad un personaggio realmente esisito, Gilles de Rais, il tema centrale dell’opera di Bartók non è la storia dell’assassino crudele e della donna curiosa. Il conflitto drammatico è presentato sotto un aspetto più complesso, il carattere allegorico dell’opera permette diverse interpretazioni. Prima di presentare le mie osservazioni riguardo i personaggi, vorrei riassumere la trama dell’opera di Bartók.
Dopo il prologo declamato da un bardo, al levarsi del sipario entrano in scena Barbablù e sua moglie Judit. Il loro dialogo comincia nell’oscurità, davanti alle mura umide del castello del duca. La donna che ha abbandonato tutto per seguire l’uomo amato desidera portare luce e calore nel castello senza finestre. Decide di aprire le sette porte nere ed insiste fino ad ottenere le chiavi delle sale segrete. Nell’aprirsi, le prime quattro porte svelano la camera della tortura, quella delle armi, la sala del tesoro ed il giardino segreto. La luce inonda progressivamente il castello e Judit vede che le pareti, le armi, i gioielli e anche i fiori sono macchiati di sangue. La donna non riesce a liberarsi da un cattivo presentimento, ma non si ferma: apre la quinta porta ed entra nel regno splendido del duca. Barbablù, orgoglioso e felice, sta per abbracciare sua moglie, ma la donna nota che il magnifico paesaggio è ombreggiato da nuvole rossastre. Malgrado la protesta di suo marito, lei spalanca anche la sesta porta che dà sul lago bianco delle lacrime. Resta da svelare l’ultimo segreto del castello misterioso. L’uomo rifiuta con sempre maggiore fermezza, ma è costretto a cedere perché la donna crede di trovare dietro la settima porta i cadaveri delle precedenti mogli. All’apertura dell’ultima porta si vedono tre belle donne che vivono nel ricordo di Barbablù: sono le donne dell’alba, del mezzogiorno e della sera. Barbablù avvolge la sua quarta moglie in un manto scuro stellato. Judit, la donna della notte, prende posto accanto alle tre compagne nel regno della memoria. Nella scena finale dello spettacolo la settima porta si chiude, l’uomo si ritira nella solitudine mentre il suo castello sprofonda nell’oscurità.
Il titolo dell’unica opera lirica di Bartók mette in evidenza l’importanza del luogo della vicenda. La domanda ripetuta nel prologo (“fuori o dentro?”) suggerisce agli spettatori fin dall’inizio che si tratterà di un percorso interiore. Il castello acquista una dimensione umana - le mura lacrimano e sospirano, le fondamenta tremano -, confermando il sospetto che assistiamo ad eventi interiori. Il protagonista dell’opera, il duca Barbablù non ha niente di comune con l’assassino Gilles de Rais, giovanotto omosessuale e pedofilo; non assomiglia nemmeno al mostro della fiaba di Perrault che proibisce e punisce. Visto che nell’opera di Bartók non si tratta di disobbedienza - Judit spalanca le porte in presenza di suo marito -, il conflitto rimane all’interno dell’io del duca. Barbablù, uomo di mezza età in cerca di amore, deve fare la scelta: restare impenetrabile per conservare la propria identità o aprire il cuore alla donna amata. Dietro le sette porte si nascondono i segreti della sua anima: crudeltà e sofferenza, forza e violenza, orgoglio e bellezza, ambizione e potere, dolore ed amore. Rivelandoli a Judit, Barbablù deve non solo aprirsi con lei ma anche guardare dentro se stesso, affrontare il suo lato oscuro, aprire il vaso di Pandora. Da una parte desidera proteggere la donna amata dal pericolo, d’altra parte è disposto a cedere per preservare la sua fiducia. Nella progressione drammatica della vicenda i simboli suscitano tensioni psicologiche e lasciano intuire la fatalità inevitabile. Nell’ombra della morte imminente, con l’anima pesante è impossibile sciogliersi nell’amore: Barbablù è condannato alla solitudine.
La protagonista femminile dell’opera, Judit è una donna affettuosa e sensibile; l’unico aspetto che l’avvicina al personaggio biblico è la sua determinatezza. Malgrado suo marito la metta in guardia, la donna insiste per aprire le porte, per conoscere l’uomo amato fin nell'intimo. Contrariamente alla protagonista della fiaba che incarna la curiosità fatale, Judit agisce per amore, vuole condividere il dolore segreto del duca. Il suo comportamento ha un aspetto erotico: desidera asciugare le mura umide del castello con le sue labbra. Coraggiosa e risoluta, è disposta ad affrontare il lato oscuro dell’anima dell’uomo per portarci un po' di luce. Nonostante il coraggio e l’amore Judit fallisce: le visioni lugubri scuotono la sua fiducia e dopo l’apertura della sesta porta la luce svanisce. Davanti all’ultima porta la donna accusa suo marito di omicidio e l’oscurità si impadronisce della scena. Una volta scesa in fondo all’anima dell’uomo amato, Judit diventa la regina della notte, incarnazione del periodo finale della vita di Barbablù.
Uno spettacolo molto suggestivo e sconvolgente. Ispirata alle canzoni popolari ungheresi, la musica esprime lo sviluppo dei processi psichici complessi dei protagonisti.
La coreografia e la regia che Tamás Juronics ha allestito per la rappresentazione andata in scena nella primavera del 2009 presso il Teatro Nazionale di Szeged, rispecchia fedelmente la visione del mondo pessimista di Bartók.
Nonostante il libretto si basi sulla fiaba di Charles Perrault e sul dramma di Maurice Maeterlinck, ispirati ad un personaggio realmente esisito, Gilles de Rais, il tema centrale dell’opera di Bartók non è la storia dell’assassino crudele e della donna curiosa. Il conflitto drammatico è presentato sotto un aspetto più complesso, il carattere allegorico dell’opera permette diverse interpretazioni. Prima di presentare le mie osservazioni riguardo i personaggi, vorrei riassumere la trama dell’opera di Bartók.
Dopo il prologo declamato da un bardo, al levarsi del sipario entrano in scena Barbablù e sua moglie Judit. Il loro dialogo comincia nell’oscurità, davanti alle mura umide del castello del duca. La donna che ha abbandonato tutto per seguire l’uomo amato desidera portare luce e calore nel castello senza finestre. Decide di aprire le sette porte nere ed insiste fino ad ottenere le chiavi delle sale segrete. Nell’aprirsi, le prime quattro porte svelano la camera della tortura, quella delle armi, la sala del tesoro ed il giardino segreto. La luce inonda progressivamente il castello e Judit vede che le pareti, le armi, i gioielli e anche i fiori sono macchiati di sangue. La donna non riesce a liberarsi da un cattivo presentimento, ma non si ferma: apre la quinta porta ed entra nel regno splendido del duca. Barbablù, orgoglioso e felice, sta per abbracciare sua moglie, ma la donna nota che il magnifico paesaggio è ombreggiato da nuvole rossastre. Malgrado la protesta di suo marito, lei spalanca anche la sesta porta che dà sul lago bianco delle lacrime. Resta da svelare l’ultimo segreto del castello misterioso. L’uomo rifiuta con sempre maggiore fermezza, ma è costretto a cedere perché la donna crede di trovare dietro la settima porta i cadaveri delle precedenti mogli. All’apertura dell’ultima porta si vedono tre belle donne che vivono nel ricordo di Barbablù: sono le donne dell’alba, del mezzogiorno e della sera. Barbablù avvolge la sua quarta moglie in un manto scuro stellato. Judit, la donna della notte, prende posto accanto alle tre compagne nel regno della memoria. Nella scena finale dello spettacolo la settima porta si chiude, l’uomo si ritira nella solitudine mentre il suo castello sprofonda nell’oscurità.
Il titolo dell’unica opera lirica di Bartók mette in evidenza l’importanza del luogo della vicenda. La domanda ripetuta nel prologo (“fuori o dentro?”) suggerisce agli spettatori fin dall’inizio che si tratterà di un percorso interiore. Il castello acquista una dimensione umana - le mura lacrimano e sospirano, le fondamenta tremano -, confermando il sospetto che assistiamo ad eventi interiori. Il protagonista dell’opera, il duca Barbablù non ha niente di comune con l’assassino Gilles de Rais, giovanotto omosessuale e pedofilo; non assomiglia nemmeno al mostro della fiaba di Perrault che proibisce e punisce. Visto che nell’opera di Bartók non si tratta di disobbedienza - Judit spalanca le porte in presenza di suo marito -, il conflitto rimane all’interno dell’io del duca. Barbablù, uomo di mezza età in cerca di amore, deve fare la scelta: restare impenetrabile per conservare la propria identità o aprire il cuore alla donna amata. Dietro le sette porte si nascondono i segreti della sua anima: crudeltà e sofferenza, forza e violenza, orgoglio e bellezza, ambizione e potere, dolore ed amore. Rivelandoli a Judit, Barbablù deve non solo aprirsi con lei ma anche guardare dentro se stesso, affrontare il suo lato oscuro, aprire il vaso di Pandora. Da una parte desidera proteggere la donna amata dal pericolo, d’altra parte è disposto a cedere per preservare la sua fiducia. Nella progressione drammatica della vicenda i simboli suscitano tensioni psicologiche e lasciano intuire la fatalità inevitabile. Nell’ombra della morte imminente, con l’anima pesante è impossibile sciogliersi nell’amore: Barbablù è condannato alla solitudine.
La protagonista femminile dell’opera, Judit è una donna affettuosa e sensibile; l’unico aspetto che l’avvicina al personaggio biblico è la sua determinatezza. Malgrado suo marito la metta in guardia, la donna insiste per aprire le porte, per conoscere l’uomo amato fin nell'intimo. Contrariamente alla protagonista della fiaba che incarna la curiosità fatale, Judit agisce per amore, vuole condividere il dolore segreto del duca. Il suo comportamento ha un aspetto erotico: desidera asciugare le mura umide del castello con le sue labbra. Coraggiosa e risoluta, è disposta ad affrontare il lato oscuro dell’anima dell’uomo per portarci un po' di luce. Nonostante il coraggio e l’amore Judit fallisce: le visioni lugubri scuotono la sua fiducia e dopo l’apertura della sesta porta la luce svanisce. Davanti all’ultima porta la donna accusa suo marito di omicidio e l’oscurità si impadronisce della scena. Una volta scesa in fondo all’anima dell’uomo amato, Judit diventa la regina della notte, incarnazione del periodo finale della vita di Barbablù.
Uno spettacolo molto suggestivo e sconvolgente. Ispirata alle canzoni popolari ungheresi, la musica esprime lo sviluppo dei processi psichici complessi dei protagonisti.
La coreografia e la regia che Tamás Juronics ha allestito per la rappresentazione andata in scena nella primavera del 2009 presso il Teatro Nazionale di Szeged, rispecchia fedelmente la visione del mondo pessimista di Bartók.
Questa opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons.
Barbablu appartiene alla mia infanzia, a racconti che mi venivano somministrati di sera, per divertimento, per amore, per iniziarmi alla narrazione. Devo dire però che la profondità di Barbablu, quello che si cela dietro ogni porta, non mi è stato mai raccontato e io nel tempo, crescendo non sono andata alla ricerca della verità. Bello il tuo post. Accurato. Mi hai incuriosita, credo di dover approfondire la conoscenza di Barbablu! Complimenti.
RispondiEliminaCaterina
Non conoscevo questo lato creativo e pessimistico di Bartok avendolo studiato essenzialmente come compositure di musiche per flauto, (d'altra parte è l'unica opera lirica) devo quindi ringraziarti per aver gettato un pò di luce sulla mia tenebrosa conoscenza della storia della musica ungherese, e non posso che complimentarmi con te, perchè in poche ma esatte parole sai coinvolgere nella lettura di una trama complessa e articolata.
RispondiEliminaBravissima, torna a scrivere presto!
Scritto benissimo e molto interessante. Da divulgare e lo condivido ... grazie.
RispondiEliminaErwin de Greef
"Nell'equivoco erotico, così come nel delitto più perfetto, si copula e si uccide soprattutto perchè si sappia. Sennò equivarrebbe alla recita di due attori senza pubblico. Si uccide, appunto, per poterlo raccontare. Un delitto inconfessato è un delitto mai accaduto."
RispondiEliminaCarmelo Bene