di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)
Credo che al di là del grado e del tipo di allontanamento dalla filosofia che diverse istituzioni e persone, fuori e dentro l'accademia, rappresentano, e che si può manifestare in modi molteplici (studio scientifico, divulgazione, consulenza, pratica, ecc.), si sia già al di fuori della filosofia quando si ritiene che essa possa (o addirittura, debba) essere "impiegata".
Questo, di primo acchito, perché ogni impiego è un'applicazione di quella cosa e non quella cosa in quanto tale.
Ma approfondendo appena un po', il punto è che la filosofia non è impiegabile in nessun modo e per nessuno scopo, perché è lei che impiega noi; e dopo che ci ha impiegati, noi cerchiamo di darci conto dell'esperienza che ci è capitata. Ecco perché anche il darne una definizione (anche quella generica che sembra io stia dando qui) è impossibile: la si può definire solo ex post, dopo che è passata, ma a quel punto la definiamo dal di fuori di essa, e quindi quello non è più un dire filosofico.
Ecco cosa, a priori, funge da indicatore del trovarci di fronte ad esperienze autenticamente filosofiche o meno: la pseudofilosofia pretende di fare della filosofia un qualche impiego.
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