di Moira De Iaco (moiradeiaco@libero.it)
Il libro di Federico Sollazzo Tra totalitarismo e democrazia. La funzione pubblica dell’etica – arricchito nella nuova edizione digitale della Kkien Publishing International dal testo iniziale “Quando una crisi non è un’opportunità: la coincidenza con ciò che si vorrebbe superare” – risponde a un’istanza fortemente attuale, quella di riflettere sulla forma politica e morale delle democrazie occidentali liberali fondate sulla razionalità strumentale. Assolvere il compito di svelare quello che Sollazzo chiama “totalitarismo post-totalitario” affrontando temi e autori della filosofia morale e politica contemporanea, permette a quest’opera di presentarsi come un’indispensabile strumento per studenti e studiosi intenti a riflettere sulla crisi totalizzante del nostro tempo. La prospettiva, come l’autore si preoccupa di precisare nella premessa, non è quella di auspicare un nostalgico e obsoleto ritorno al passato, bensì quella di indagare “la struttura pratico-operativa e ontologica della società occidentale” (p. 4) in vista del conseguimento di un pacifismo sociale.
Il lavoro si articola in quattro capitoli preceduti da un saggio iniziale e seguiti da un’importante bibliografia ragionata. L’eterodeterminazione, da intendersi come una forma di autodeterminazione indirizzata e vincolata a forme e modalità prestabilite, come prodotto del tempo in cui ci troviamo a vivere, è l’oggetto di riflessione dell’articolo introduttivo: l’Essere della nostra epoca, il soggetto impersonale che governa la vita di chi vive in questo tempo, è la razionalità strumentale. Il suo avvento viene efficacemente descritto con la dialettica hegeliana servo-padrone: il capitale, l’Essere, “schiavizza la tecnica per potersi incrementare e moltiplicare con efficienza, il capitale è il padrone, la tecnica il servo” che hegelianamente è diventato il padrone – e dunque l’Essere del nostro tempo – schiavizzando il capitale (p. 6). L’uomo risulta quindi dominato dalla razionalità strumentale che ne determina tanto gli atteggiamenti, i ragionamenti, i bisogni e i desideri orientandoli in modi e forme e prestabilite quanto le relazioni sociali che entro questo quadro sono immodificabili. L’individuo così conformato, non eccedente la razionalità strumentale ma ad essa coincidente, è un esecutore di funzioni economiche e sociali che indossa delle maschere. In una tale società, Sollazzo evidenzia come lo stesso pluralismo politico tanto sbandierato dalle democrazie occidentali sia solo “formale e nominale”, “una lista dicliché”; infatti, misura quantità e non esprime qualità (p. 7). Al soggetto, che corre costantemente il rischio di costruirsi entro l’ordine prestabilito, nessuna differenza gli è garantita, non gli resta che un movimento di sottrazione, chiave d’accesso a un territorio di pura negatività dove soltanto è possibile generare qualcosa di autentico e originale.