di Grazia Calanna (graziacalanna@lestroverso.it)
Intinge “la penna nel rosso del furore, dentro magma ribollente”. Nostalgica, come il presente che “trafigge la vaporea figura d’una vita trasparente”. Incandescente come fiamma “che arde e si consuma lenta”. Tenace, come “l’edera” che “vigorosa e trionfante” si abbarbica alle pareti dell’intenzionale isolamento, in prospera solitudine. Una “voce senza eco” che si tramuta in “divina favilla, Poesia, sete d’immenso”. Un richiamo in “soffi” d’essenza “ridestata” quello di Aurora Romeo, giovane autrice di Gocce di notti silenziose, silloge edita da Prova d’Autore. La poetessa interroga la notte affinché con “voce bianca” e risonante possa svelarle segreti beffardi, propri di un “passato immutabile”, custoditi dal vento. Reminiscenze dalle “pallide gote”, basta sfiorarle affinché l’atmosfera si addolcisca. Il crepuscolo inoltrato, pacatamente, diviene “rifugio di intimi rapimenti”, irrinunciabile “culla stellata di pace e di umani sogni”. Versi coesi che narrano di un mondo sovrastato da una “coperta di cielo” che “col suo bacio freddo” cinge senza mai scaldare. Di un campo che ha rigettato l’inerme aratro, “sconfitto, piegato dalla colpa di un libero arbitrio infame”. Di un grido raccolto, “lo spezzan le pietre”. Di un canto “muto”, intento a ricamare nel vuoto “vane corolle… petali amari dal polline mendace”.
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Critique dolcissimo, come suoni piacevoli dell'acqua che scivola in un ruscello.
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