di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)
Negli scorsi giorni è uscita una vignetta proposta come satirica sul terremoto nel centro Italia, pubblicata da un noto giornale francese che non cito, ritenendo quella vignetta non satira ma opinabile strategia di marketing (che se ne parli bene o male, purché se ne parli) e non volendo contribuire a tale strategia.
Vorrei però spendere alcune righe, che si aggiungo al polverone sollevato col quale quel giornale ha quindi raggiunto il suo scopo, per dire perché ritengo quella non satira ma una mera operazione di marketing, fatta sulla pelle dei morti.
A scanso di equivoci, non voglio dire che ci siano argomenti off limits per la satira. Tutto è satirizzabile. Ma, appunto, se espresso come un elemento di satira, e la satira ha parametri, quindi limiti, suoi propri, altrimenti non sarebbe nemmeno definibile come genere autonomo. Ma quella non è satira.
Perché?
Negli scorsi giorni è uscita una vignetta proposta come satirica sul terremoto nel centro Italia, pubblicata da un noto giornale francese che non cito, ritenendo quella vignetta non satira ma opinabile strategia di marketing (che se ne parli bene o male, purché se ne parli) e non volendo contribuire a tale strategia.
Vorrei però spendere alcune righe, che si aggiungo al polverone sollevato col quale quel giornale ha quindi raggiunto il suo scopo, per dire perché ritengo quella non satira ma una mera operazione di marketing, fatta sulla pelle dei morti.
A scanso di equivoci, non voglio dire che ci siano argomenti off limits per la satira. Tutto è satirizzabile. Ma, appunto, se espresso come un elemento di satira, e la satira ha parametri, quindi limiti, suoi propri, altrimenti non sarebbe nemmeno definibile come genere autonomo. Ma quella non è satira.
Perché?