sabato 20 settembre 2014

A tutto festival

di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)

Sul quotidiano «Prima Pagina» del 13/09/'14 viene pubblicato un estratto di una nota chiesta a Federico Sollazzo sul modo di fare cultura oggi (il riferimento è ai festival culturali, filosofici in primis).
Si pubblica di seguito la nota per intero.

Chiarisco subito che non sono contrario per principio ad eventi in cui si celebri e si proponga cultura (perché mai dovrei?). In questi eventi ci sono però almeno due livelli di problematicità che si devono sempre tenere presenti.
Primo. Essendo tali eventi rivolti al grande pubblico, costituiscono una calamita naturale per coloro che aspirano a un palcoscenico per gratificare il proprio egocentrismo e/o narcisismo, per reclamizzare un prodotto (il che è molto diverso dal presentare) o per mostrarsi e stringere mani per fini carrieristici.
Secondo. Ormai è di pubblico dominio (anche se sembra che si stenti a trarne le conseguenze) che viviamo nell’epoca dell’intrattenimento, dell’industria culturale, dello spettacolo, del depotenziamento di ogni critica tramite il suo assorbimento nell’ordine di cose stabilito. Dunque, diffondere cultura resta certamente un nobile principio, ma non si può più pensare di realizzarlo con modalità “illuministiche”, cioè spargendo frammenti di cultura a pioggia sperando che seminino il terreno, poiché questa modalità è stata assorbita dalla forma corrente della società, a cui mi riferivo sopra, divenendo quindi una modalità affermativa, di replica dell’esistente (basti vedere come le idee della cultura “dal basso” e della cultura “per tutti”, da nobili propositi siano diventate vettori di conformismo, travestito da progressismo). Mentre la cultura è un movimento negativo di sottrazione dallo status quo. Bisogna allora immaginare altre situazioni, altri modi, altri tempi, altri spazi per generare cultura, e quando anche questi saranno eventualmente assorbiti dall’esistente si dovrà essere in grado di distaccarsene, immaginandone di nuovi, e così via potenzialmente all’infinito in un processo di costante sottrazione da ciò che è, l’unico processo che genera cultura.
Ora, di fronte alla smisurata offerta di eventi culturali a cui oggi assistiamo, mi piacerebbe che le persone si chiedessero se, e in che modo, e in che misura, vi sono eventi culturali immuni dai suddetti problemi, o meno.
Nel primo caso: buon evento. Nel secondo: buona passeggiata.

(come Oltre il festival: filosofia e psicoanalisi nella città, in «Prima Pagina», 13/09/2014) 

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