di Pietro Paolo Piredda (pietropaolo.piredda@istruzione.it)
Antefatto: il 13/03/2014 vengono pubblicati i cosiddetti "Quaderni neri", (Schwarzen Hefte) di Heidegger dalla casa editrice Klosterman, che ne cura l’opera. Il colore è determinato dalla caratteristica copertina nera dei quaderni cerati allora in uso. Nonostante tutto abbia il sapore di una manovra editoriale, il dibattito , per la verità mai sopito, dell’aderenza al nazionalsocialismo da parte di Heidegger, il "mago di Messkirch", si accende si maniera ulteriore con pretesa di definitività. Tante le reazioni. Un esempio per tutti: Donatella Di Cesare, ordinario di Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma e vice presidente della "Heidegger Gesellshaft", avendo letto in anteprima degli estratti della pubblicazione, è tentata di rassegnare le dimissioni dicendosi "sconvolta". Sotto accusa nei quaderni il cosiddetto "Ebraismo mondiale" (Weltjudentum). Günter Figal afferma "Disgustose e terribili quelle frasi del mio Heidegger" ("La Stampa", 18/03/2014).
Ma, per quando riguarda la riflessione filosofica si è davanti , davvero, a qualcosa di nuovo e sconvolgente?
E’ decretata una volta per tutte la morte della riflessione del mondo occidentale, perché di questo si tratta, con lo scandalo dell’opera heideggeriana, la quale risulta essere il punto di riferimento della filosofia del XX secolo, per la maggior parte degli sviluppi del pensiero che da esso si sono determinati e non solo nello specifico dell’ambito filosofico. A dire la verità, si conosceva già questa tendenza compromissoria di Heidegger, se non altro, per i contrastanti rapporti con il filosofo Jasper, la cui moglie era ebrea. Ma punto fermo di questa riflessione, che mette con le spalle al muro l’intero impianto filosofico di Heidegger, è la nota adesione al partito di Hitler nel 1933 e la famosa prolusione nel giorno dell’insediamento al rettorato: L’autoaffermazione dell’Università tedesca. Heidegger lascerà poi il rettorato nel 1934. Faye sembra decretare la definitiva condanna del pensiero Heideggeriano con il testo: Heidegger, l'introduction du nazisme dans la philosophie. Autour des séminaires inédits de 1933-1945 (Parigi, Albin Michel, 2005), in cui analizza il linguaggio comparandolo anche al Mein Kampf di Hitler. Precedente a questo il testo di Farias: Heidegger et le nazisme (Lagrasse, Verdier, 1987).
Ma, per quando riguarda la riflessione filosofica si è davanti , davvero, a qualcosa di nuovo e sconvolgente?
E’ decretata una volta per tutte la morte della riflessione del mondo occidentale, perché di questo si tratta, con lo scandalo dell’opera heideggeriana, la quale risulta essere il punto di riferimento della filosofia del XX secolo, per la maggior parte degli sviluppi del pensiero che da esso si sono determinati e non solo nello specifico dell’ambito filosofico. A dire la verità, si conosceva già questa tendenza compromissoria di Heidegger, se non altro, per i contrastanti rapporti con il filosofo Jasper, la cui moglie era ebrea. Ma punto fermo di questa riflessione, che mette con le spalle al muro l’intero impianto filosofico di Heidegger, è la nota adesione al partito di Hitler nel 1933 e la famosa prolusione nel giorno dell’insediamento al rettorato: L’autoaffermazione dell’Università tedesca. Heidegger lascerà poi il rettorato nel 1934. Faye sembra decretare la definitiva condanna del pensiero Heideggeriano con il testo: Heidegger, l'introduction du nazisme dans la philosophie. Autour des séminaires inédits de 1933-1945 (Parigi, Albin Michel, 2005), in cui analizza il linguaggio comparandolo anche al Mein Kampf di Hitler. Precedente a questo il testo di Farias: Heidegger et le nazisme (Lagrasse, Verdier, 1987).