di Pietro Paolo Piredda (pietropaolo.piredda@istruzione.it)

Ma, per quando riguarda la riflessione filosofica si è davanti , davvero, a qualcosa di nuovo e sconvolgente?
E’ decretata una volta per tutte la morte della riflessione del mondo occidentale, perché di questo si tratta, con lo scandalo dell’opera heideggeriana, la quale risulta essere il punto di riferimento della filosofia del XX secolo, per la maggior parte degli sviluppi del pensiero che da esso si sono determinati e non solo nello specifico dell’ambito filosofico. A dire la verità, si conosceva già questa tendenza compromissoria di Heidegger, se non altro, per i contrastanti rapporti con il filosofo Jasper, la cui moglie era ebrea. Ma punto fermo di questa riflessione, che mette con le spalle al muro l’intero impianto filosofico di Heidegger, è la nota adesione al partito di Hitler nel 1933 e la famosa prolusione nel giorno dell’insediamento al rettorato: L’autoaffermazione dell’Università tedesca. Heidegger lascerà poi il rettorato nel 1934. Faye sembra decretare la definitiva condanna del pensiero Heideggeriano con il testo: Heidegger, l'introduction du nazisme dans la philosophie. Autour des séminaires inédits de 1933-1945 (Parigi, Albin Michel, 2005), in cui analizza il linguaggio comparandolo anche al Mein Kampf di Hitler. Precedente a questo il testo di Farias: Heidegger et le nazisme (Lagrasse, Verdier, 1987).