lunedì 26 luglio 2010

"Il sindacato dei sensibili"

di Federico Sollazzo (p.sollazzo@inwind.it)

Annalisa Margarino, Il sindacato dei sensibili, La Riflessione, Cagliari 2010

(Dalla quarta di copertina)

Un garage e una saracinesca colorata con una grande scritta: SINDACATO DEI SENSIBILI. E' questo l'inizio della realizzazione del sogno di Caterina e il primo impatto con il mondo del sentire nella vita di Agnese, il giorno in cui, per puro caso, si trova ad attraversare via Cellini.
Un pianoforte, lenti, apparecchi acustici, esperienze del sentire, come la giornata dedicata all'educazione dei sensi, aprono agli occhi di Agnese un mondo esperienziale del tutto nuovo.
All'interno del SINDACATO DEI SENSIBILI, il sogno di Caterina da quando era bambina, si impara a sentire con li cuore e si comprende che nella vita è prezioso il sentire di ciascuno e che non esistono, in realtà, persone insensibili, ma sensibili in trincea. Catrina accompagna tutti coloro che entrano in questo posto quasi magico e simbolico ad ascoltarsi e ascoltare la vita.
Questo breve racconto vuole introdurre ogni lettore alla propria esperienza del sentire se stesso, l'esistenza e gli altri, punto di partenza per la vita di ciascuno.

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2 commenti:

  1. Bellissimo e magico questo che non è solo un breve racconto! E'anche immenso! Sarà proprio il SINDACATO DEI SENSIBILI a rendere bella la vita anche dove e quando la vita di bello avrà ben poco! Rosetta

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  2. Non ho avuto ancora modo di leggere quest'opera ma da quanto espresso nella recensione, evinco un'occasione per tutti, in particolare per coloro che sono "ammalati" ancora di quella sensibilità che oggi, più che risultare, come nel passato, una dote che denota elevatezza d'animo, capacità di cogliere l'ineffabile dell'istante, di un colore, di un suono, delle sfumature presenti nelle cose, nella natura e nelle persone, è piuttosto segno di debolezza, di un carattere persino sognatore e pertanto... inattuale. Trovo che il titolo sia un incitamento al valorizzare questa qualità che tutti hanno, ma che si preferisce tenere come dice il dott. Federico Sollazzo in "trincea", quasi ci si vergogni di dimostrarla in questo tempo della tecnica, del gretto materialismo e di quel "disincantamento dal mondo" di weberiana memoria... Anche la metafora della bottega è alquanto invitante...un "non luogo" ove ritirarsi, per poter apprezzare il dono della sensibilità che riposa nel profondo..
    "Un mito della caverna" rovesciato... un tornare in se stessi per recuperare quella caratteristica squisitamente umana, la sola capace di far cogliere quanto c'è di infinito, di sublime dentro e fuori di noi...da avere il coraggio - quindi - di condividerne i frutti, senza paura, con gli altri.

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