tag:blogger.com,1999:blog-4113756902064050679.post7844249043923760906..comments2023-12-19T04:07:52.706+01:00Comments on .: Pratica filosofica: pulizia dell'animaFederico Sollazzo p.sollazzo@inwind.ithttp://www.blogger.com/profile/03641654217536589518noreply@blogger.comBlogger2125tag:blogger.com,1999:blog-4113756902064050679.post-85436493338498952712016-04-25T23:27:20.714+02:002016-04-25T23:27:20.714+02:00-) Popper ho sempre avuto difficoltà a ritenerlo u...-) Popper ho sempre avuto difficoltà a ritenerlo un filosofo – Platone totalitario, tanto per dirne una, è un po’ come dire Platone cristiano o Aristotele antropologo o Diogene sans-papiers, o Cicerone tifoso della Roma, proiettando su un pensatore fenomeni che al suo tempo non esistevano. Anche il concetto di falsificazione è un concetto filosoficamente debole: supporre che il solo modo di proporre alternative sia per falsificazione, significa non essere in grado di distaccarsi dalla forma mentis scientifica. La confutazione, in filosofia, non è il cambiare i risultati di una narrazione – ed anche la scienza è una narrazione – senza questionarne la logica intrinseca, ma passare da una narrazione ad un’altra, muovendosi su più livelli ermeneutici.<br /> <br />-) "(…) il filosofo stesso si cimenta in una psicoanalisi della conoscenza scientifica per portare alla luce le credenze che ostacolano la formazione dello spirito scientifico". Questa frase, che forse coglie la “missione” del filosofo per Bachelard, è, per tutto quello di cui sopra, in un orizzonte che mi è completamente estraneo. Il filosofo non psicoanalizza lo scienziato – come se l’unica forma accettabile o addirittura possibile di attenzione al pensiero altrui fosse una forma scientifica, rappresentata dalla psicoanalisi o oggi dalla neuro-“qualcosa” –, il filosofo cerca invece di capire l'epistemologia che innerva un pensiero; e non lo fa al fine di favorirlo o ostacolarlo ma per comprenderlo, per criticarlo, nel senso originario di crino: separare, valutare. Insomma, “l’arte per l’arte” ha il suo corrispettivo ne “il pensiero per il pensiero”, un pensiero senza scopo, e in questo già bastante per contestare in toto il mondo in cui viviamo. <br /><br />-) Il termine pratica filosofia, e affini, va oggi di moda. A mio parere la filosofia è sempre pratica perché così come si pensa si agisce. La metafisica quindi è la più pratica delle discipline. Sottolineare oggi l'aspetto pratico della filosofia quindi, non dice nulla sulla filosofia in sé, dice invece molto su una società storica che sente il bisogno di sottolineare quell'aspetto. Quando però lo si sottolinea all'eccesso si arriva al limite estremo di far coincidere il pensiero con lo svolgimento di operazioni – quel fenomeno che Marcuse chiamava “pensiero positivo” e “operazionismo” – e così la filosofia diventa ciò che non è: razionalità strumentale, strategia, calcolo.<br /><br />Sperando di non aver annoiato i lettori, auguro buon proseguimento di navigazione su “CriticaMente”,<br />Federico SollazzoFederico Sollazzo p.sollazzo@inwind.ithttps://www.blogger.com/profile/03641654217536589518noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4113756902064050679.post-10268272578635259142016-04-25T23:26:58.949+02:002016-04-25T23:26:58.949+02:00Come ideatore e curatore di “CriticaMente” ho deci...Come ideatore e curatore di “CriticaMente” ho deciso con piacere di ospitare l’articolo qui sopra, propostomi per la pubblicazione, anche se esso rappresenta un orientamento di pensiero assai distante dal mio, e quindi anche dall’abituale impostazione di “CriticaMente”.<br />Mi fa piacere precisare, quindi, quelli che sento come punti di maggiore distanza da quanto espresso nell’articolo, e da una certa lettura comune oggi molto diffusa.<br /><br />-) Sulla scorta della lezione heideggeriana, ritengo che a-letheia non debba essere presa presa sic et simpliciter come veritas, ma come dis-velamento. E poiché possono darsi molteplici dis-velamenti, a seconda di come si incontra il mondo, non esiste la verità, ma le verità. La scienza pertanto non è verità in quanto veritas, unica, universale e oggettiva – presunzione che condivide con la religione, essendo quindi le due fatte della stessa sostanza, da cui il loro antagonismo –, bensì in quanto dis-velamento, non il, ma un possibile disvelamento.<br /><br />-) Cartesio è completamente all’interno del pensiero scientifico, ne è un’importante tappa. Egli infatti mette in dubbio la realtà empirica tramite il dubbio sulla conoscenza fornita dai sensi, le due cose – realtà empirica e conoscenza sensibile – sono talmente legate da diventare quasi sinonimi. Una volta risolto il dubbio sulla conoscenza sensibile è per lui risolto qualsiasi problema epistemologico, e ne consegue che la realtà empirica è oggettivamente così come i sensi ci dicono. Gran parte del pensiero postcartesiano – fino all’odierno neorealismo – non mette in discussione la sinonimia tra realtà empirica e conoscenza sensibile, sicché una critica alla prima potrebbe avvenire solo contestando i dati della seconda. Personalmente ritengo invece che le due cose debbano essere distinte. Filosoficamente, la questione cruciale non è infatti né contestare la presenza della realtà empirica né i risultati della conoscenza sensibile, ma avvedersi del fatto che l’immagine, e il significato che diamo, alla prima dipende da come percepiamo e interpretiamo la seconda – e, chiaramente, così come interpretiamo la realtà, poi la ri-costruiamo. Dunque, non nel senso che la realtà non esiste o che esiste solo perché la pensiamo – come vorrebbe una vulgata davvero volgare – ma nel senso che la realtà esiste per come la pensiamo, va inteso che “non esistono fatti, solo interpretazioni”.Federico Sollazzo p.sollazzo@inwind.ithttps://www.blogger.com/profile/03641654217536589518noreply@blogger.com