venerdì 19 ottobre 2012

“Totalitarismo, democrazia, etica pubblica”: l’uomo pensante, una lettura

di Stefano Fiini (xblackice74@gmail.com)

Nel percorrere l’opera del filosofo Federico Sollazzo ci si trova a fronteggiare un molteplice piano di significati di attuale importanza, tanto che Totalitarismo, democrazia, etica pubblica si propone come una collettanea di saggi che mirano a rendere in maniera sintetica la “complessità dell’esistente” senza, per altro, avere la pretesa di esaurirne la ricchezza e la molteplicità.
Totalitarismo sembra essere una parola desueta, o, per lo più, relegata a periodi storici quali il nazismo della seconda guerra mondiale o lo stalinismo, ma ricopre, oltre al significato storico ed ai suoi evidenti effetti, anche una valenza concettuale che va oltre il passato. L’ideologia totalitaristica ha subito una mutazione virulenta e ha attecchito nel tessuto sociale in maniera endemica rendendo nell’omologazione di pensiero propria di ciascun uomo il marchio del suo operare. Foucault nel suo concetto di biopolitica aveva già preannunciato questa metamorfosi in forme di controllo che esulavano (senza per altro escluderle) dalla fabbrica e dalla scuola e arrivavano alle autostrade e alle tessere del consumo quotidiano, ai moderni ritrovati tecnologici: telefonini e computer. Marcuse nell’idea dell’uomo unidimensionale rintraccia l’idea per cui il sistema diventa un controllore che uniforma e direziona nel mantenere lo status quo del sistema politico e sociale. Il grande escluso rimane il confronto nel dialogo tra idee diverse, tra l’unicità della ragione di ciascun uomo, vero propellente della crescita sociale. Ciò che rende vero un uomo e il suo agire è l’autenticità, l’essere unico e consapevole in ogni azione e non mero esecutore di un comando o di una ideologia. Affine a questo modo d’agire è stato nella cruenta storia del nazismo Eichmann, ben definito da Hannah Arendt ne La banalità del male, come automa, come esecutore impersonale di un ordine che trova soddisfazione nel compiere nella miglior maniera il compito assegnatoli e con quella gratificazione di averlo compiuto in maniera perfetta, a scapito dell’orrore prodotto. Nella nostra realtà non si trova forse una copia rivisitata nel manager o nell'istituzione che deve portare il proprio bilancio in attivo a fine anno? O nella fabbrica che deve chiudere per le leggi della macro economia condannando degli uomini – numero in balìa della sorte? Sollazzo analizza questo agire come una modalità tecnica, strettamente connessa all’onda economica di questo momento storico ma non esclusivamente dipendente da essa.
L’utilitarismo algebrico di Bentham defraudato dal fine eudemonico acquisisce il carattere di imparzialità a favore dell’equilibrio sociale e di una giustizia allocativa non basata sul nòmos della terra: tutto si può gestire secondo una norma giuridico tecnicistica manageriale di cui si fa latore Pierre Legendre. Il fantasma del possesso, del controllo che si incarnava nella figura carismatica del leader ora evapora in funzione di una gelatinosa entità senza nome chiamata mercato o globalizzazione: la macchina tecnicistica. L’autorità, elemento base di ogni totalitarismo e, in modo più blando, di ogni democrazia, non è più frutto della hegeliana forza maggiore del vincente e della paura di morte del servo, dell’idea di una investitura teistica proveniente e giustificata dall’alto, di una giustizia aristotelica basata sulla nozione del giusto peso e della giusta misura, di un governo platonico di saggi votati al bene comune, ma trova genesi nella sottomissione volontaria e assentiva dei più ad un archetipo fittizio di felicità uniformante e pilotato attraverso il martellamento di disvalori annichilenti, nei media che agiscono sulla capacità di giudizio critico di ciascuno, radicando un senso comune del giudizio ben lontano dalla conquista di un’etica figlia della ragione. 
Jonas, come antidoto all’anestetico sociale, struttura una visione armonica dell’uomo non solo come sommatoria della componente biologica e emozionale, che implica anche una lettura del momento storico, ma anche in relazione alla natura che diviene il tratto unitario tra la morale personale e l’agire umano. 
Quale rappresentazione della realtà può prescindere dalla libertà? La libertà come fatto della ragione, la libertà come frutto della scelta, il muoversi, il fare del pensiero che precede l’atto del pensiero. La scelta è quella forza che prende e sostiene il pensiero con il suo confronto con l’insostenibile, con l’impossibile. Confrontarsi con il testo di Sollazzo significa decidere di percorrere strade della ragione che inducono alla scelta, significa confrontarsi con un  testo “aperto” che lascia al lettore la possibilità di scrivere la propria storia.

(come Riflessioni filosofiche per capire il mondo, in «Excursus», n. 27, 2011 (qui in forma rivista)) 

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