lunedì 30 novembre 2009

L’altra estremità dei sogni

di Erwin de Greef (erwindegreef@libero.it)

corre la notte

ubriaca
con il
vino bianco nel
bicchiere
trasparente e
giallo. ecco,
che mi ritrovo
per le strade della
mia città, una notte
umida
col cielo
nero
di tristi nuvole
memorie calpestate
marciapiedi sgangherati
in mezzo a pochi altri
vagabondi
fasciati nelle loro
giacche con
gli occhi gin & tonica di
Lele pensieroso
per sua moglie
al nono mese a casa
da sola
il pollo arrosto nel
cartoccio con
le patatine
fritte e la pelle
rosolata.
la stranezza di
questa notte
con la tromba di Charley
Parker, le cartine
che rollano
il vino che gira,
le parole che
muoiono spezzate
sul crinale
della nostra
solitudine.
c’è una ragazza
con lunghe ciglia
tristi
carnagione bianca
capelli
neri occhi neri
è la mia
Maria Maddalena
il corpo sacrificale
di questa notte amica
stretta tra
le braccia
dentro il
suo mistero. in
questa città
in questo locale
e poi un
altro e ancora un
altro per poi, alla fine,
ritornare indietro e
scoprire
che Lele non c’è più, che se
n’è andato
lasciando i suoi
occhi gin & tonica
sul tavolino
d’alluminio insieme a un
pacchetto di sigarette
vuoto e
accartocciato
con la scritta
incomprensibile
e nera come
questa notte sotto
il cielo ruvido
di nuvole. la notte rulla
il fumo e
macina l’eroina con
i ragazzi ubriachi
che urlano sul ciglio
della strada. amo
questa notte con
Miro che mi racconta
dei due
anni che non ci siamo
incontrati,
non ci siamo parlati. no,
non ho rispettato
questa santa amicizia.
la ragazza che è
con me adesso ha le
guance rosse ed
è vera
carne e ossa
con occhi tanto neri
da commuovermi.
mi accarezza le mani con
dita calde e sensuali.
scivola questa
notte senza gelo
con le sciarpe annodate
i guanti che ci fissano
da lontano. in
questa notte i lampioni
per le strade
sono vuoti fantasmi
di un antico Palazzo
imperiale vicino
alla Cattedrale. io
guardo quegl’occhi
tagliati e neri
che reggono tutto
il peso dell’Universo.
mi cade la sigaretta mentre
Miro mi
abbraccia e sorride,
ride ubriaco di birra,
canta la nostra amicizia
col cappello a tre
quarti, la barba incolta,
il loden blu
notte. comincia a piovere
ho ancora un bel po’
di strada da fare col
mio carico d’alcool nelle
vene e non voglio nemmeno
ripararmi sotto i
cornicioni
mi bastano il calore dell’
abbraccio di Miro
e le labbra umide di
questa ragazza siciliana a
lavare tutto il veleno
nel mio cuore.
tiro avanti per la strada
sotto la pioggia scrosciante
in questo lunedì da
incorniciare alla
ricerca
dell’altra estremità
dei sogni. questa
notte
pallida
lenta
maestosa
è venuta a
salvarmi
mentre la porta di
casa s’apre
pigramente e
c’infiliamo
sotto le lenzuola
le coperte e il
piumone
rannicchiati in
un sonno senza fine
sotto questa pioggia
battente.

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6 commenti:

  1. ho letto questa frase per strada a parigi: la poésie est une arme chargée de futur.
    bravo erwin. Il futuro è dei poeti.
    ada

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  2. Sono diversi i sogni così come sono diversi gli uomini.E' affascinante viaggiare tentando di toccarne l'altra estremità.

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  3. Notte vagabonda di un uomo che si cerca dentro, notte di conforto per aver condiviso attimi di intesa e di vita... Un percorso attraverso le vie di quella che può essere qualsiasi città del mondo, infine ci riporta alla nostra calda alcova, rifugio di speranze e certezze...
    Grazie Erwin!

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  4. …”un antico Palazzo
    imperiale vicino
    alla Cattedrale”…

    rollato al cielo, abbraccio contiene.

    gin & cartina.
    aderite stagioni.

    accartocciata sulla sciarpa
    è visione - pioggia - in grembo di memoria.

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  5. Scorci di un vissuto in una continua e travagliata ricerca di se stesso...Al fine di raggiungere "L'altra estremità dei sogni".

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  6. ... "l'altra estremità dei sogni".

    L'ho letta.
    L'ho bevuta.
    L'ho inghiottia.
    Ho seguito il suo ritmo.
    Ho spento quella sigaretta caduta dalle labbra di cui nessuno si è curato. Ero lì.
    Lì dietro, a seguire la scena.
    Ero nella scena.
    Ero curiosa.
    Ed ogni riga era una rincorsa per leggere l'altra.
    Ero sotto la pioggia.
    Vedevo l'incedere barcollante nell'abbraccio a pochi metri da me.
    Ascoltavo la tromba di Parker.
    Riconoscevo l'aroma del Gin schekerato con la desolazione, la rabbia, la malinconia.
    Sono entrata in casa anche io.
    Ho aspettato che il sonno arrivasse.
    Ho aspettato che il sonno si trasformasse in sogno ...
    Ho atteso l'inizio del sogno...
    ....ma sulla soglia di quel sogno, la poesia ha richiuso la porta, come se il sogno fosse il limite "estremo" a cui nessuno altro, fuorchè al suo autore, è dato di entrare.
    E così mi sono ritovata fuori, in strada, sola, sotto la pioggia battente.

    Rimando sinteticamente l'emozione che ho provato leggendo la poesia di Erwin de Greef, che mi rievoca l'incalzante ritmo poetico di "Prima che bruci Parigi" di Ikmet.

    Complimenti.
    Maria Stefania Pipia

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